Saranno il soprano Hasmik Torosyan, il tenore David Astorga e il baritono Federico Longhi a dare voce ai Carmina Burana di Carl Orff (3, 5 luglio 2021, ore 21.30), nella versione per soli, coro, due pianoforti e percussioni, diretta da Sergio Alapont sul podio dei Percussionisti de La Toscanini e del Coro del Teatro Regio di Parma preparato da Martino Faggiani con i solisti al pianoforte Giulio Zappa, Dario Tondelli. Creati nel 1937 in Germania, i Carmina Burana furono ispirati a Orff, musicista colto e umanista, dai canti profani, inneggianti all’amore al vino e alla fortuna, dei clerici vagantes medievali, con quel caratteristico segno musicale che avrebbe fatto la fortuna di Carl Orff, arcaicizzante, popolaresco e dalla preponderante insistenza ritmica, colorata di una ricca gamma di strumenti a percussione.
“Nonostante Stravinskij lo avesse liquidato come “neanderthaliano” – scrive Giuseppe Martini, Carl Orff doveva avere straordinaria immaginazione, se davvero fu «assalito di immagini e parole» solo sfogliando la prima edizione moderna dei cosiddetti Carmina Burana (da Bura Santki Benedikti, monastero benedettino del Benediktbeuern in Baviera) pubblicata nel 1847 e scovata dal compositore monacense in un catalogo antiquario. Niente accomuna cioè le otto gustose miniature di quel codice del XIII secolo – che in una puntuta scrittura tardocarolina mischia religione, eros e visioni pagane in 228 poemetti in mediotedesco, provenzale, latino classico e volgarizzato – con le loro riproduzioni ridisegnate per quell’edizione a stampa”.
“Se dunque Orff cercava immagini da cui farsi assalire, vuol dire che pensava a un teatro. Ma il teatro dei Carmina Burana è un teatro statico, un teatro di illusioni, un teatro barocco di quadri simbolici chiusi in cui la musica è funzione della visività: la strada imboccata da Orff intorno agli anni Trenta dopo alcuni esperimenti sulla musica del Seicento, per finire con l’ideona di una trilogia di Trionfi costituita dai Carmina, dall’intonazione di poesie di Catullo e da un Trionfo di Venere che terminerà nel 1953”.
“Vista così, i Carmina Burana mischiano medioevo e antichità come nel Tannhäuser di Wagner, ma con spirito erotizzante da clerici vagantes più che da trovatori ermetici, su cui incombe la mannaia della Fortuna instabile che governa il mondo. È probabile che l’entusiasmo di pubblico fin dalla prima esecuzione l’8 giugno 1937 a Francoforte sul Meno derivasse dalla loro immediatezza musicale primigenia, quella neanderthaliana ma fortemente ricercata da Orff, che parlava in proposito di “elementare Musik”, materiale di rude semplicità in un travestimento antico – chissà quanti pensano si tratti davvero di musica medievale – studiato proprio per restituire vitalità straniante ai venticinque brani estratti dal codice, organizzati in un prologo, cinque parti e un finale.
Non che i Carmina piacessero a tutti. I critici superciliosi di questa cifra tutta orffiana sono gli stessi che li hanno scaricati nel bigoncio del ciarpame popolare, e i lori nipoti si aggirano tuttora forti del fatto che il coro “O Fortuna”, tutto cavalli apocalittici e timpani, ha fatto irruzione nella cultura popolare, nelle pubblicità, nei film. Per Orff, la musica dei Carmina Burana era invece una terza via per non ricadere nel postwagnerismo, né negli schemi serialisti (ecco forse perché il Reich si dimostrò così benevolente all’esperimento). Musica corporale da ascoltare letteralmente col corpo. Solo così quel mondo fatto di taverne, vino, natura, amori assumerà un senso cosmico, anche quando è parodia del salmodiare chiesastico, o arioso quasi d’opera, o inquieti brividi. Il canto è voce ancestrale, i cori cerimonie di una natura arcana. Non sarà difficile allora accorgersi che Orff è un fior di compositore, e che i superficiali, certe volte, siamo noi”.
Biglietti
Carmina Burana Intero Under 30
Settore I € 20,00 € 10,00
Settore II € 10,00 € 10,00
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Estate al Parco della Musica
Il programma completo della rassegna è online su teatroregioparma.it e latoscanini.it
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