“L’assenza è una grande protagonista delle tele esposte, c’è un vuoto che colma la tela in maniera così ingombrante che è impossibile non notarlo” – aggiunge la curatrice – “Ci sembra di essere entrati in uno scenario in cui non eravamo aspettati, ma che in un certo modo ci appartiene: abbiamo appena aperto la porta su di uno spazio claustrofobico, una casa pervasa di unheimliche. Questo termine, difficile da tradurre per la sua perfetta natura in tedesco, si adatta in maniera sorprendentemente aderente alle opere esposte: la radice heim (‘casa’, ‘dimora’, ‘focolare’, ‘patria’) e la negazione che la precede ci permettono di definire l’inquietante come il ‘non familiare’, la sensazione di ‘inquietudine’, infatti, è particolarmente difficile da definire per la sua ineffabilità. È detto unheimlich tutto ciò che dovrebbe restare…segreto, nascosto, e che è invece affiorato”.
Ad animare le opere di Muratori, infatti, sono molto spesso figure di uomini e donne, in posture sempre plausibili ma al contempo surreali, o figure stese precarie, in verità impossibili. A unire questa varietà di posture, di volti minuziosi e verosimili, ma assenti, è sempre la continuità degli sfondi. Tendaggi e drappeggi, pieghe e arabeschi, che si scoprono tra una porta che si chiude e un’altra che si apre, ma anche tra uno scorcio e un corridoio di cui non si vede il fondo.
Quadri ricchi di elementi, inseriti all’interno della composizione non per il timore del vuoto, ma per il desiderio di non avere paura dell’eccedenza. “Alle volte occorre stressare di più la pittura, appesantirla – conferma Muratori – altre volte il processo accade in modo rapido e leggero. La cosa difficile però è quella di non avere la pretesa di padroneggiare troppo la materia da principio. Mettersi in una condizione di insipienza, per ignotius, appunto. Più che di sgomento parlerei dello stupore che segue al compimento del lavoro: quando questi riesce, consiste nello scoprire l’esistenza di una conoscenza inconsapevole”.
Prevalgono nella tavolozza variazioni di ocra e terre di Siena, prevalentemente a olio. L’olio, infatti, si rivela il mezzo migliore per esplicitare un’immagine che, idealmente, assumerà contorni diversi agli occhi di chi osserva, il quale potrà trovare punti di contatto con le immagini interiori dell’artista o aprirsi verso direzioni da lui non previste.