La Baia delle meraviglie, un tesoro in fondo al mare
di Fiorella Franchini
NAPOLI – La definiscono la Pompei sommersa o la piccola Atlantide, Baia il cui nome deriva da quello di un compagno di Ulisse, che qui morì e fu sepolto, è stata celebre per le sue sorgenti termali fin dall’antichità. I romani la predilessero come luogo di ristoro e vi ebbero ville Cesare e Pompeo, Caio Mario e Cicerone. Da Augusto ad Alessandro Severo fu residenza imperiale e testi antichi raccontano di abitazioni lussuose, banchetti, terme e giardini, coltivazioni rigogliose e allevamenti.
Il microclima mite che caratterizza il territorio ne ha fatto un luogo di otium, inteso come tempo libero dalle occupazioni della vita politica e dalle incombenze pubbliche, dedicato alle cure della casa, degli orti, agli studi. Luogo del mito legato ai riti della Sibilla, all’Ade, ai Giganti e a Ercole, all’epopea di Enea, emana da sempre un fascino intenso con la lussureggiante vegetazione che dal mare s’inerpica fin sopra la collina.
Eppure fu proprio lontano dal caos dell’Urbe e dagli affanni del governo che maturarono intrighi e complotti, come l’uccisione della madre Agrippina da parte di Nerone, che si organizzarono affari e commerci, perfezionando la pratica dell’acquacultura nata già nel 108 a.C., quando Sergio Orata aveva creato i primi allevamenti di ostriche. Una sorta di antica Montecarlo, cosmopolita, lussuosa, vivace in cui si incontravano l’élite politica, economica e culturale dell’Urbe.
“Nulla al mondo splende più dell’ameno golfo di Baia”, scriveva il poeta latino Orazio. La natura generosa è feconda che tanto ha dato a queste terre, ha lentamente condotto all’oblio le testimonianze di questo passato glorioso e, tuttavia, nascondendole, ne ha serbato le vestigia che, a poco a poco, il mare restituisce e l’attività di ricerca recupera per offrire nuovi percorsi di studio e di fruibilità.
Riemergono dai fondali non solo le strutture delle antiche domus ma un’infinità di reperti che ne confermano la raffinatezza: ecco tra le sabbie un mosaico a tessere bianche e nere raffigurante dei pesci e una soglia in marmo decorato con rilievi. Nella stessa area della cosiddetta villa con ingresso a protiro, sul lato affacciato al Lacus baianus, spunta un frammento di lucerna con il monogramma di Cristo e un pregevole marmo con decorazione floreale.
L’inestimabile patrimonio scoperto nel 1984, durante un’immersione, da Eduardo Scognamiglio, Gennaro Di Fraia e Nicola Lombardo, allora giovani studiosi di archeologia, continua a regalare sorprese e ad aggiungere tasselli alla nostra storia, grazie alle continue ricerche subacquee e al lavoro di appassionati ed esperti. I tecnici del Parco archeologico dei Campi Flegrei supportati dalla Capitaneria di Porto e dalla Naumacos Underwater Archaeology hanno recentemente ritrovato un sostengo per tavolo in marmo decorato con testa felina, di età imperiale, subito trasportato nei laboratori del Castello di Baia per i primi interventi conservativi.
L’intera fascia costiera fortemente antropizzata fin dal V secolo a.C. è sprofondata nel corso degli ultimi duemila anni sommergendo edifici ed infrastrutture sia di epoca romana che medioevale. Il parco sommerso di Baia è un’area marina protetta localizzata sulle coste della città metropolitana di Napoli a nord del golfo partenopeo, istituita nel 2002 con decreto congiunto del ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e di quello per i beni e le attività culturali, per la tutela e lo studio dei reperti archeologici sommersi, nonché la salvaguardia degli ecosistemi marini e costieri e lo studio del fenomeno del bradisismo.
Lo straordinario valore è dato sia dal notevole stato di conservazione dei reperti sia dal loro valore storico e archeologico oggettivo. Mosaici, affreschi, sculture, tracciati stradali e colonne, si trovano a circa 5 metri sotto il livello del mare tra anemoni, stelle marine, posidonie e branchi di castagnole. L’area rappresenta, assieme alla riserva della Gaiola, un esempio unico in ambito Mediterraneo di protezione archeologica e naturalistica subacquea, inserite nel più vasto contesto del parco dei Campi Flegrei di competenza della Regione Campania che comprende i siti di Pozzuoli, Cuma, Baia e Miseno.
Per visitare la città sommersa ci si può immergere con le bombole o semplicemente con pinne e boccaglio, là ove le acque sono meno profonde, affidandosi ai vari centri sub dei Campi Flegrei autorizzati a gestire le immersioni, oppure in barca, osservando i reperti, la fauna e i fenomeni vulcanici sottomarini comodamente seduti, attraverso il fondo trasparente del battello Cymba. Un enorme patrimonio di storia e biodiversità, di architetture e di oggetti, di prodotti agricoli e enogastronomici da riscoprire con un turismo lento ed ecosostenibile. Una Baia delle meraviglie che si apre su un mondo ancora in parte inesplorato, perché “lo stupore, piuttosto che il dubbio, – sosteneva il giornalista statunitense Franklin Pierce Adams – è la fonte della conoscenza”.