Il siciliano: nel mondo, una «lingua»; in Italia, un «dialetto»… (Fonso Genchi)

Fonso Genchi

Fonso Genchi

Esistono vari documenti dai cui testi si può evincere, direttamente o indirettamente, che il siciliano è da classificare nella categoria delle «lingue» (in particolare delle «lingue regionali») e non in quella dei «dialetti». Però tutti questi documenti non sono italiani ma stranieri o internazionali.

Infatti in Italia vige la pessima – a nostro modesto parere – abitudine di usare un criterio politico e di chiamare «lingue», tra quegli idiomi attualmente parlati all’interno dei suoi confini, soltanto quelle ufficiali, cioè quegli idiomi riconosciuti politicamente dallo Stato. E’ per questo motivo che mai troveremo in alcun documento ufficiale – sia esso un testo legislativo o altro – né dello Stato italiano né della Regione siciliana, la denominazione «lingua siciliana» ma sempre e comunque quella di «dialetto siciliano», non essendo il siciliano un idioma riconosciuto politicamente. Questa che abbiamo chiamato «abitudine» ma che, in realtà, è una forzatura politica, porta a situazioni a volte davvero buffe, se non addirittura grottesche. E’ il caso, per esempio, della legge regionale siciliana n°85 dal titolo «Provvedimenti intesi a favorire lo studio del dialetto siciliano e delle lingue delle minoranze etniche nelle scuole dell’Isola»: il siciliano, idioma che viene parlato in tutta la Sicilia ed anche fuori di essa, che ha una sua propria tradizione letteraria secolare mai interrotta, che risulta essere stato il primo tra i «volgari» di «sì» ad essere usato come lingua poetica, sarebbe, dunque, un «dialetto» (dialetto di quale lingua?!?); invece, facendo soltanto un esempio, tra quegli idiomi delle minoranze etniche a cui si riferisce tale legge regionale, l’arbërëshe, cioè un antico dialetto del tosco, il quale – a sua volta – è un dialetto (ossia una corruzione) della lingua albanese, sarebbe una lingua… (per carità: oggi, emigrato più di 5 secoli fa e modificatosi in Sicilia, lo è certamente).

La cosa più triste è che, in Italia, anche la maggior parte dell’ambiente accademico linguistico usa la definizione politica di lingua – seppur un po’ mascherata da riferimenti sociolinguistici – a dimostrazione,  se ce ne fosse bisogno, che la cultura accademica nel «Bel Paese» è legata a doppio filo al potere politico. Tutto ciò crea confusione e induce in errori; e, in effetti, ad esempio, molte persone in Italia – ragionando inconsapevolmente secondo criteri linguistici (dialetto = corruzione di una lingua ufficiale o, comunque, «principale») e non politici – sentendo dire che il siciliano è un dialetto, pensano di conseguenza che il siciliano sia un dialetto dell’Italiano.

Uscendo fuori dall’Italia cambia tutto. Il documento ufficiale interstatale più importante in cui si definisce cosa è una «lingua regionale» e, indirettamente, cosa invece è un dialetto, è il Trattato Europeo chiamato «European Charter for Regional or Minority Languages». In esso si può leggere testualmente:
Articolo 1 – Definizioni
Ai sensi della presente Carta:
a) per «lingue regionali o minoritarie» si intendono le lingue:
i) usate tradizionalmente sul territorio di uno Stato dai cittadini di detto Stato che formano un gruppo numericamente inferiore al resto della popolazione dello Stato; e
ii) diverse dalla(e) lingua(e) ufficiale(i) di detto Stato;
questa espressione non include né i dialetti della(e) lingua(e) ufficiale(i) dello Stato né le lingue dei migranti;

Un altro documento ufficiale importante (addirittura internazionale) è l’elenco dei codici ISO 639-3 che vengono assegnati solo alle lingue (e non ai dialetti). Il codice ISO è un codice di 3 lettere che identifica brevemente una lingua (Inglese: eng; Italiano: ita; ecc. ecc.). Tali codici vengono assegnati dall’Organizzazione Internazionale per la Normazione (International Organization for Standardization, abbreviata, appunto, in «ISO») che ha sede a Ginevra e che è la più importante organizzazione a livello mondiale per la definizione di norme tecniche, i cui membri sono gli organismi nazionali di standardizzazione di 162 Paesi del mondo, tra cui l’Italia. Ebbene, nella lista codici ISO 639-3 assegnati alle lingue – ripetiamo: esclusivamente alle lingue e non ai dialetti – è presente il siciliano il cui codice è: scn.

Per stabilire a quali idiomi assegnare un codice, l’ISO si affida ai migliori linguisti del mondo, quelli del SIL International.

Siccome non esistono, per nessun idioma, altri tipi di documenti ufficiali specifici in cui si attesti se esso sia una lingua o un dialetto, nella Wikipedia in Italiano, in Inglese e nelle principali lingue del mondo, si è utilizzato come criterio per denominare un idioma «lingua», proprio quello della sua presenza nella lista dei codici ISO 639-3: gli idiomi a cui è stato assegnato un codice ISO sono definiti «lingue», quelli a cui non è stato assegnato alcun codice ISO sono, invece, definiti dialetti o parlate. Dunque, per esempio, se si va nella Wikipedia italiana si potrà trovare una voce «Lingua siciliana», se si va nella Wikipedia inglese si troverà la voce «sicilian language» ma mai si troverà una voce «Lingua calabrese» o «calabrian language»; infatti, se si prova a digitare nella casella di ricerca «Lingua calabrese» (o «calabrian language» per la Wikipedia in Inglese), si verrà reindirizzati alla pagina «dialetti calabresi» (o «languages of Calabria»).

Per terminare, tra quelli che erroneamente in Italia vengono definiti «dialetti», non c’è soltanto il siciliano; infatti anche altre lingue regionali o minoritarie parlate in alcune parti d’Italia hanno il loro codice ISO 639-3 e sono universalmente riconosciute come «lingue» (meno che in Italia…).

Fonso Genchi

 

 

 

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