Serena conduce operaclassica eco italiano

Teatro di San Carlo

Musica da Camera

Nuovo appuntamento domenica 18 settembre ore 18.00

 

 

Dopo la pausa estiva, riprendono gli appuntamenti della Stagione da Camera del Teatro di San Carlo.

Domenica 18 settembre 2022 alle ore 18.00 il trio composto da Mariano Lucci al Clarinetto, Lorenzo Ceriani al Violoncello e Alexandra Brucher al pianoforte eseguirà il Trio n.4 in Sib maggiore, Op. 11 di Ludwig van Beethoven, il Trio in la minore per clarinetto violoncello e pianoforte, Op. 114 di Johannes Brahms e il Trio per clarinetto, violoncello e pianoforte di Nino Rota.

I tre brani in programma, per una formazione non molto usuale che unisce il clarinetto al violoncello e pianoforte, furono scritti dai tre grandi compositori nell’arco di poco meno di due secoli, da fine Settecento all’ultimo terzo del Novecento.

Ciascuno di questi lavori fu concepito per le particolari caratteristiche di specifici esecutori, che i tre compositori ben conoscevano.

 

 

GUIDA ALL’ASCOLTO

A cura di Dinko Fabris

 

Come indica il numero d’opera 11, il Trio in Sib maggiore appartiene ancora alla fase giovanile di Ludwig van Beethoven, arrivato a Vienna da Bonn solo sei anni prima. Nonostante la presenza del clarinetto, è numerato tra i Trii per archi e pianoforte (di fatto fu presto eseguito in alternativa col violino al posto dello strumento a fiato) e questo indica la mancanza di una vera attenzione alle caratteristiche idiomatiche del clarinetto, almeno in questa fase. Il Trio, dedicato alla contessa Maria Wilhelmine von Thun (che aveva patrocinato Mozart e madre di un mecenate di Beethoven, il principe Lichnovsky) è sempre stato considerato formalmente legato al Settecento – la sua prima esecuzione avvenne nel 1798 a Vienna – e per questo non paragonabile alla straordinaria fase creativa beethoveniana che fece seguito alla terribile crisi del 1802. Pur nella compostezza formale nel solco di Haydn, i tre tempi presentano comunque alcuni tratti sorprendenti sia per le soluzioni armoniche (come per esempio l’apparizione di un tema secondario nel primo tempo, Allegro con brio o di una struggente cantabilità nell’Adagio intermedio) sia per l’emergere di pattern di variazioni, che occupano l’intero ultimo tempo, Allegretto. Queste ultime prendono spunto da una melodia cantata nell’opera comica L’Amor marinaro di Joseph Weigl, rappresentata con grande successo popolare nel 1797, proprio mentre Beethoven stava componendo il Trio: da qui il sottotitolo asesegnato al Trio di “Gassenhauer” ossia “la canzonetta”.

Quasi cento anni più tardi Johannes Brahms, sul finire della sua esistenza, scopriva le meraviglie timbriche e tecniche del clarinetto, che entrò con ben quattro brani nell’ultima parte del suo catalogo. Ciò si deve all’incontro con Richard Mühlfeld, clarinettista dell’orchestra di Meiningen, che gli fece scoprire le qualità timbriche uniche dello strumento: nacquero cosi il Trio e il Quintetto con clarinetto oltre a due sonate col pianoforte. Il Trio op. 114 fu terminato nell’estate del 1891 a Bad Ischl e suonato alla prima dallo stesso Brahms al pianoforte, con Mühlfeld al clarinetto e l’intervento del virtuoso violoncellista Hasmann.  Il Trio, in quattro movimenti, mostra fin dal primo tempo, in la minore,  la caratteristica brahmsiana del rinnovamento all’interno della tradizione (un po’ come abbiamo visto per il Trio di Beethoven), essendo composto in perfetta forma sonata con i due temi contrastanti: presto emerge un terzo tema lirico che rimette in discussione quello che sembrava un percorso scolastico obbligato, tanto che lo sviuluppo è significativamente più breve del consueto, e l’Allegro termina con una coda piuttosto vistosa. Il successivo Adagio in re maggiore sviluppa un dialogo sognante tra i due strumenti melodici su costanti arpeggi del pianoforte. L’Andantino grazioso, in forma di un classico minuetto col trio, si avvia nella tonalità di la maggiore e costuitsce uno dei momenti più riusciti della composizione grazie al suo perfetto equilibrio formale intorno a un unico tema di grande fascino.: qualche critico ha sottolineato il corteggiamento quasi amoroso tra il clarinetto e il violoncello. Il tempo Finale ripropone la tonalità di La minore con un unico tema e alcune idee secondarie, sovrapponendo ancora una volta alla forma sonata un serrato contrappunto tra gli strumenti in un gioco di densità e rarefazione che ben rappresenta la mano di uno dei maggiori compositori di musica da camera di tutti i tempi.

Con un altro volo di un secolo, il programma ci porta infine nell’Italia degli anni Settanta con uno dei tanti gioielli cameristici di Nino Rota, compositore a lungo considerato inattuale per la sua atemporalità considerata reazionaria, ed oggi premiato dalla storia come il compositore italiano della seconda metà del Novecento più eseguito al mondo. Fin dalle prime battute di questo Trio  si avverte la tipica “firma” di Nino Rota, con le melodie leggermente dissonanti di clarinetto e violoncello su una base ritmica ossessiva e allo stesso tempo sognante del pianoforte, in uno straniante tempo di valzer viennese. Il clarinetto era uno strumento molto usato dal compositore nelle sue colonne sonore per Fellini, soprattutto per delineare le atmosfere clownesche e surreali. Ma lo aveva anche sapientemente adoprato in composizioni cameristiche di grande spessore, come La petite offrande musicale dedicata nel 1943 al suo maestro Casella e soprattutto la Sonata per clarinetto e pianoforte scritta nel 1945. La Sonata di Rota venne composta per il clarinettista Attilio Torquato Scotese, docente presso l’allora Liceo Musicale di Bari in cui Rota era da sei anni docente e di cui sarebbe diventato direttore dopo la trasformazione in Conservatorio. Come gran parte della sua musica da camera, al momento della sua elaborazione nel 1973 anche il Trio con clarinetto era stato probabilmente provato ed eseguito dai docenti di quel tempo: Angelo Perrino al clarinetto e Franco Rossi al violoncello, con lo stesso Rota al pianoforte, enmtrando poi nel repertorio personale dei successivi allievi. La partitura autografa compilata a matita, secondo le abitudini del compositore, si trova nel Fondo Rota della Fondazione Cini di Venezia ed è stata stampata dall’editore Schott nel 2002. Si compone di tre movimenti alla maniera classica. Dopo il valzer iniziale, il tempo centrale del Trio si rivela una pagina di straordinaria sensibilità timbrica, con il violoncello in grande evidenza a costruire atmosfere tardoromantiche in contrappunto con i suoni più caldi del clarinetto, su un accompagnamento pianistico evocativo dell’intera orchestra. Le melodie intrecciate sembrano rappresentare il mondo onirico dei grandi registi con cui aveva collaborato Rota, soprattutto quando si passa al terzo movimento, un “allegrissimo” che riporta alle situazioni circensi e più in generale ad un “piccolo mondo antico” ormai perduto per sempre.

Teatro di San Carlo
Domenica 18 settembre 2022, ore 18:00

BEETHOVEN/BRAHMS/ROTA

 

Clarinetto | Mariano Lucci♮♮

Violoncello| Lorenzo Ceriani♮♮

Pianoforte | Alexandra Brucher

 

♮♮ Professori d’Orchestra del Teatro di San Carlo

 

Programma

 

Ludwig van Beethoven, Trio n.4 in Sib maggiore, Op. 11

(1770-1827)

  1. Allegro con brio
  2. Adagio (mi bemolle maggiore)
  3. Allegretto con variazioni

Johannes Brahms, Trio in la minore per clarinetto violoncello e pianoforte, Op. 114

(1833-1897)

  1. Allegro (la minore)
  2. Adagio (re maggiore)
  3. Andantino grazioso (la maggiore). Trio (re maggiore)
  4. Allegro (la minore)

 

Nino Rota, Trio per clarinetto, violoncello e pianoforte

  1. Allegro
  2. Andante
  3. Allegrissimo

 

 

 

Con gentile preghiera di pubblicazione e/o diffusione

Rossana Russo,

Responsabile della comunicazione creativa e strategica e relazioni con la Stampa

r.russo@teatrosancarlo.it

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Giulia Romito,

Comunicazione e Stampa

g.romito@teatrosancarlo.it 0817972301

 

 

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