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Comunicato Stampa

 

Concerto per il Natale

Henrik Nánási dirige la monumentale “Terza” di Mahler

 

Mercoledì 14 dicembre ore 19

 

 

Teatro di San Carlo 2018

 

Mercoledì 14 dicembre alle ore 19 torna al Teatro di San Carlo il Concerto per il Natale che vedrà sul podio Henrik Nánási impegnato a dirigere Orchestra, Coro femminile e Coro di Voci Bianche del Massimo napoletano nella Sinfonia n. 3 in re minore di Gustav Mahler.

Contralto solista è Ekaterina Gubanova. José Luis Basso è il Maestro del Coro, a dirigere il Coro di Voci Bianche Stefania Rinaldi.

 

Henrik Nánási, classe 1975 è stato Direttore Musicale Generale della Komische Oper di Berlino dal 2012 al 2017. In ambito concertistico ha diretto orchestre come Atlanta Symphony Orchestra, Yomiuri Nippon Symphony Orchestra, Orchestre National du Capitole de Toulouse, Hungarian National Philharmonic Orchestra, Radio-Symphonieorchester Wien, Bruckner Orchester Linz, Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna, Orchestra del Teatro La Fenice di Venezia, Essener Philharmoniker, Orquestra de la Comunitat Valenciana, Orchestra del Teatro Massimo Palermo, Fort Worth Symphony Orchestra, Hungarian State Opera Orchestra.

 

Ekaterina Gubanova applaudita lo scorso anno al San Carlo come Amneris in Aida, si è esibita sui più importanti palcoscenici internazionali come Metropolitan Opera di New York, Teatro alla Scala di Milano, Covent Garden di Londra, Bayerische Staatsoper di Monaco e il Teatro Real di Madrid. Inoltre ha cantato sotto la bacchetta di direttori celebri come Daniel Barenboim, Zubin Mehta, Riccardo Muti, Esa-Pekka Salonen, James Levine, Valery Gergiev.

La Sinfonia n. 3 in re minore di Gustav Mahler, composta tra il 1893 e il 1896, fu eseguita in pubblico solo nel 1902.  L’opera, in assoluto tra le Sinfonie più lunghe con una durata di circa 95 minuti, si presenta come un grande poema musicale che descrive in ordine progressivo tutti gli stadi del creato fino a giungere ad una dimensione trascendentale. Nella composizione echeggiano rimandi nietzschiani con estratti di “Così parlò Zarathustra”, scelti per il testo del quarto movimento.

 

Guida all’ascolto

A cura di Anna Ficarella

 

La Natura come tutto. L’utopia della Terza sinfonia di Gustav Mahler

«Così come Mozart può essere appropriatamente chiamato il cantore dell’amore, io potrei essere chiamato (con la dovuta deferenza nei suoi confronti) il cantore della natura. Fin dalla mia infanzia, la natura è stata per me l’uno e il tutto.» Questa una delle numerose confessioni di Gustav Mahler che rivelano una profonda sintonia con la natura come per nessun altro compositore. Il Naturlaut, il suono di natura, è il concetto con cui Mahler esprime l’essenza della sua idea di natura, che nulla a che fare con l’evasione bucolica. La natura è per il compositore boemo una forza vitale travolgente, in continuo divenire e animata spiritualmente dal suo interno. Questa è la concezione alla base della sua gigantesca Terza Sinfonia, composta tra il 1895 e il 1896, mentre si stava esaurendo l’esperienza al Teatro dell’Opera di Amburgo, iniziata nel 1891 e dove pure nel 1894 aveva sostituito Hans von Bülow, deceduto, nella direzione dei concerti sinfonici.

La Terza fu eseguita integralmente solo nel 1902, dopo molti ripensamenti sui titoli da dare a ciascuno dei sei movimenti cui fu ‘ridotta’ rispetto al piano iniziale, che ne prevedeva sette. Alla base di queste incertezze, vi è anzitutto il timore che il programma poetico assai elaborato sotteso alla composizione potesse essere frainteso e scambiato per ‘musica a programma’. Nel caso della Terza, come per le precedenti sinfonie, vi sono tracce di un denso programma poetico, con appunti che presentano in vari modi il tema del rapporto tra uomo e natura. Ne sono una testimonianza i diversi titoli che via via furono attribuiti alla Sinfonia, tra i quali Pan, la Gaia scienza (con evidente riferimento a Nietzsche, di cui veniva utilizzato un passo di Così parlò Zarathustra nel quarto movimento), La vita felice. Questi titoli generali furono i primi a cadere, ma a lungo circolò una sorta di programma fatto di associazioni con immagini che avrebbero avuto il compito di «offrire qualche indicazione per le sensazioni che debbono visualizzarsi», come scrive Mahler in una lettera del 1895 a Fritz Löhr, uno dei suoi più cari amici. Qui si trova anche una sorta di piano dei movimenti della sinfonia, con un elenco di sottotitoli:

  1. Risveglio di Pan. Irrompe l’estate. Introduzione, fanfara e marcia giocosa.
  2. Quel che mi raccontano i fiori di campo.
  3. Quel che mi raccontano gli animali del bosco.
  4. Quel che mi racconta la notte.
  5. Quel che mi raccontano le campane del mattino.
  6. Quel che mi racconta l’amore.
  7. La vita celestiale.

Il settimo movimento trovò poi destinazione nella successiva Sinfonia, ma, soprattutto, il contenuto e i sottotitoli scomparvero sia nell’edizione a stampa del 1898, sia nel programma della prima esecuzione integrale nel 1902. Sul significato di questi programmi, prima introdotti e poi ritirati dallo stesso Mahler, tanto è stato detto e scritto. Che si tratti di una sorta di impalcatura esterna, come qualcuno ha osservato, indispensabile nel momento in cui la costruzione è in corso, ma poi da rimuovere nel momento in cui essa è completa, non ci sono dubbi. Inoltre era del tutto normale in quegli anni che i compositori fornissero una guida all’ascolto per il pubblico, considerata anche l’inaudita complessità di un lavoro come la Terza. Ben presto, però, Mahler si rese conto che lasciare quel programma-guida avrebbe provocato perlopiù fraintendimenti e confusione, ed era in ogni caso troppo riduttivo rispetto all’esperienza espressa in musica.

Il linguaggio verbale, con i suoi limiti, viene superato dalla flessibilità della logica della musica, in grado di addentrarsi in regioni oscure e intricate del pensiero. Profondamente influenzato dai filosofi Schopenhauer e Nietzsche, Mahler era convinto che la musica fosse una manifestazione immediata della forza vitale della natura, onnipresente. Un’altra influenza notevole fu quella del filosofo Gustav Theodor Fechner (1801-1887) che aveva sfidato il materialismo della sua epoca, sforzandosi di dimostrare che l’intero universo è dotato di vita e anima, in una gerarchia spirituale che si estende dagli atomi sino a Dio. Una visione di cosmica totalità ispira dunque la Terza, in cui il Naturlaut, il suono di natura, ha un significato molto più ampio di quello con cui è stato usato nelle precedenti sinfonie: comprende l’insieme dei vocaboli musicali di varia estrazione che permettono di dar voce alla “natura come tutto” e di costruire con la sinfonia un intero mondo con ogni mezzo possibile.

Nonostante il percorso di base fosse chiaro a Mahler sin dall’inizio, la gestazione fu molto complessa. All’interno di questa imponente costruzione, la vicenda compositiva del primo movimento è particolarmente intricata: pur essendo il primo nella disposizione finale della Sinfonia, è stato l’ultimo ad essere composto. I suoi elementi costitutivi e i suoi labirinti tematici continuano ad affascinare gli studiosi. Si deve a Hermann Danuser un’analisi del primo tempo della Terza che individua in termini musicali il programma interno del pezzo. Il processo che Mahler definisce come passaggio dalla natura inanimata a quella animata (“Pan si desta”) appare in termini concretamente musicali come il passaggio da una statica marcia funebre all’avanzare di marce militari. E’ il Weckruf (suono del risveglio) della fanfara iniziale degli otto corni all’unisono che aprono la sinfonia a mettere in moto questo processo.

A questo motto iniziale segue un momento di attesa, in cui un breve frammento anticipa la solennità sacrale del quarto movimento. Subito dopo si delinea un pesante andamento di marcia funebre, cui si affiancano gesti isolati come gli appelli dei legni, i trilli dei fagotti, gli squilli di tromba, la scala ascendente di violoncelli e contrabbassi. A fatica emerge una melodia nei corni, mentre la prima tromba anticipa un’altra idea del quarto movimento e un disegno dell’oboe e del violino richiama il clima ‘infantile’ del quinto movimento. Altre schegge si associano in un caos dispersivo, per poi svanire nel timbro delle percussioni che chiudono la prima parte introduttiva. La sezione successiva prende le mosse dalla greve marcia funebre, per dare voce ad un grande recitativo del trombone, sino ad un momento di selvaggia concitazione cui segue un’ulteriore, nuova sezione. Qui irrompono e si giustappongono nuove idee e motivi di marcia, più vivaci e freschi, in un’esplosione che porta ad un primo punto culminante cui segue un ‘crollo’, un improvviso frantumarsi degli andamenti di marcia. Nelle sezioni successive i materiali già apparsi in precedenza in uno stato ancora disgregato e basilare vengono ulteriormente «espansi e proiettati in molteplici direzioni» (Petazzi). L’estendersi e il dilatarsi del suono in ogni direzione produce uno spazio musicale multi-prospettico, in cui temi e timbri provengono da lati diversi, come differenti e contrastanti sono le fonti sonore del mondo-natura che si mescolano e si trasfigurano nel corpo orchestrale.

Il fondamentale conflitto tra impulso al movimento e zone di statica attesa viene esasperato nei grandi blocchi contrastanti della sezione che può essere definita di ‘sviluppo’, in cui tornano, seguendo liberamente gli impulsi di base, varianti di idee già udite, in una polifonia libera e sfacciata, come l’avrebbe definita lo stesso Mahler. L’ultima parte riprende anche il materiale dell’introduzione, presentandolo ora in maniera più compatta e con importanti varianti, che rendono quei gesti meno aggressivi, quasi conciliatori. Si conclude così la prima parte della Sinfonia, dopo la quale Mahler prevedeva una lunga pausa necessaria per staccare e riprendere con il secondo movimento, dal carattere totalmente diverso.

Il successivo Tempo di minuetto fu Il primo movimento a essere composto, ed ebbe fortuna anche eseguito separatamente dal contesto cui appartiene. Come negli altri tre movimenti interni che seguono, vi è rappresentata l’idea di infinita varietà del mondo. La grazia delicata con cui è stilizzato il minuetto ha, tuttavia, un significato ambivalente, quasi provenisse da una dimensione altra, perduta per sempre. In termini musicali vi è una continua, raffinata filigrana esaltata dal fraseggio mosso degli archi e dei legni. Il sottotitolo iniziale faceva riferimento ai fiori, gli esseri viventi più semplici nella catena della vita, che però aspirano ad un livello superiore di esistenza. Un carattere più esplicitamente inquietante definisce il terzo movimento, lo Scherzo Comodo. Scherzando. Ohne Hast (senza fretta), considerato da Mahler stesso un brano umoristico, nel senso sottile del “sublime invertito” descritto dall’amato scrittore romantico Jean Paul Richter (1763-1825). Il materiale motivico è tratto direttamente da uno dei suoi Lieder della raccolta del Corno magico del fanciullo (Des Knaben Wunderhorn), una fonte cui Mahler attinse a lungo per le proprie sinfonie, in continui auto-imprestiti. Il Lied in questione si intitola Ablösung im Sommer (cambio della guardia in estate) e narra di un usignolo che diventa il primo cantore al posto del cuculo che si presume sia morto di recente: una curiosa fiaba che sottolinea l’indifferenza della natura verso la scomparsa di qualcuno degli esseri che la popolano. Trasformando il Lied originario in uno scherzo sinfonico, Mahler lo definì uno dei suoi brani più scurrili e al contempo tragici. A fare da contrasto a questo clima irridente è la sezione centrale (Trio), un interludio che compare due volte, indicato nel manoscritto autografo da Mahler stesso come Der Postillon. Si tratta, secondo Constantin Floros, del riferimento ad una poesia di Nikolaus Lenau (1802-1850), in cui il corno di postiglione annunciava l’arrivo della posta. Nel testo di Lenau il postiglione giunge di notte al cimitero dove è sepolto un suo collega e gli fa omaggio suonando il suo brano preferito. Nel Trio l’assolo della cornetta di postiglione è posto a distanza: il suo timbro struggente, con accenti da canto popolare, proviene da lontano, dal retro dell’orchestra, riverberandosi sulle risposte dei violini primi, quasi a riflettere sulla caducità dell’esistenza umana e animale. L’episodio si presenta due volte, trovando eco in orchestra, per poi svanire nel silenzio, mentre il movimento dello Scherzo riprende la sua concitata asprezza.

Dopo l’umorismo inquietante dello Scherzo, il quarto movimento (Molto Adagio. Misterioso), detto anche ‘Canto di Mezzanotte’, conduce a una dimensione del tutto diversa. Per questo tempo della Sinfonia Mahler aveva pensato al titolo “che cosa mi narra l’uomo” e prima ancora “che cosa mi narra la notte”. Si tratta di una pagina di sacrale solennità, dal tono quasi oracolare, che si risolve in un lirismo accentuato per poi tornare all’arcana gravità iniziale. Il contralto solista intona i versi che chiudono il penultimo capitolo di Così parlò Zarathustra (O Mensch! Gib acht!: “O uomo! Attento!), rimaneggiati da Mahler nell’articolazione, funzionale alle due sezioni del movimento, e nella punteggiatura. Il testo di Nietzsche viene del tutto decontestualizzato, diventando uno spunto per una meditazione sull’inscindibilità dell’intreccio fra dolore e piacere. Il materiale musicale, basato sugli intervalli di terza e di seconda, rimanda alle anticipazioni presenti nella lunga sezione introduttiva del primo movimento. Il canto si staglia su un moto uniforme nel registro grave, su cui a fatica prendono forma frasi melodiche della voce e dei fiati. Nel breve interludio strumentale tra le due sezioni i violini presentano una melodia più lieve, che crea una contrapposizione netta all’arcana staticità dell’inizio. Su questa melodia sono intonati i versi conclusivi, sino al punto culminante all’unisono della voce e di tutti i violini su “Doch alle Lust will Ewigkeit!/ Will tiefe, tiefe Ewigkeit” (Ma ogni gioia vuole eternità!/ Vuole profonda, profonda eternità). Nelle ultime battute ritorna il Naturlaut delle terze ascendenti e dell’intervallo di seconda maggiore, nella situazione di staticità iniziale.

A questa solitaria meditazione segue senza interruzione il quinto movimento, che recita In tempo gioioso e sfacciato nell’espressione (Lustig im Tempo und keck im Ausdruck). Non si può immaginare un accostamento più stridente con il precedente movimento. Coro di voci bianche, contralto e coro femminile intonano, intrecciandosi, i versi ‘infantili’ di Es sungen drei Engel (“Tre angeli cantavano” dal già citato Corno magico del fanciullo. L’orchestrazione leggera e diafana, specie nei legni, sottolinea il tono da fiaba infantile, che elude l’espressione diretta «di ciò che eccelso, e che non si può esprimere altrimenti», confidava Mahler a Natalie Bauer-Lechner. Che cosa è dunque, inesprimibile, se non attraverso l’umorismo fiabesco? La “gioia celeste che non ha più fine”, come si legge nell’ultima strofa della poesia popolare scelta da Mahler come testo per questo movimento, il cui titolo originario è “Canto di bambini poveri che vanno a mendicare”. Le battute introduttive, con le campane intonate e il “Bimm-bamm” delle voci bianche che ne imitano il suono definiscono un contesto sonoro di vitrea limpidezza, poco rassicurante, quasi tagliente, che perdura sino alla fine.

«Vorresti sapere cosa mi racconta l’amore? Cara Annerl, l’amore mi racconta cose belle!» Così scriveva Mahler il 1° luglio 1896 a proposito dell’ultimo tempo (Langsam. Ruhevoll. Empfunden: Adagio. Tranquillo. Profondo) alla cantante Anna von Mildenburg, con la quale aveva un’intensa relazione proprio nel periodo della composizione della Terza Sinfonia. Ma nella Sinfonia, prosegue Mahler, «si tratta di un amore diverso da quello che tu supponi. Il motto di questo tempo è “Padre, guarda le mie ferite! Fa’ che nessuna creatura sia perduta! […] Così la mia opera forma un poema musicale che abbraccia in un crescendo progressivo tutti i gradi dell’evoluzione. Si inizia con la natura inanimata e si sale fino all’amore di Dio!» Il Finale si pone dunque come coronamento nella concezione complessiva della Terza. La varietà molteplice e dispersiva dei tempi precedenti si risolve alla fine in una raggiunta quiete. Pur attraversando momenti di tensione e di oscuramento, giunge ad un’apoteosi conclusiva, in cui Mahler esprime una sintesi del proprio sentimento «verso tutti gli esseri, e non possono mancarvi percorsi profondamente dolorosi», come scrive all’amico Friedrich Löhr.

In quanto «forma più alta in rapporto a una più bassa», come dichiara ancora Mahler, l’Adagio conclusivo è una manifestazione utopica della liberazione e della conciliazione raggiunte, anche se nel contesto così radicalmente anticonvenzionale della Sinfonia. L’idea principale del Finale, una melodia in re maggiore dal respiro lunghissimo, fa pensare al “Lento assai, cantante e tranquillo” del Quartetto op. 135 di Beethoven e tanto deve pure al linguaggio del Parsifal e di Bruckner. Ma essa è soprattutto la trasformazione “conciliata” della fanfara che fungeva da Weckruf nel primo movimento, come lo stesso Mahler aveva detto a Natalie Bauer-Lechner. Questo materiale fondamentale sembra crescere su sé stesso, mutando intensità e luce, in una dimensione prevalentemente immota, in cui compaiono tuttavia momenti di inquietudine e di contrasto. La perorazione conclusiva ha una sua calda visionarietà, un tono nobile e appagato, come si legge in partitura, che ha il carattere dell’utopia. Non è un caso che Arnold Schönberg, dopo aver ascoltato la Terza a Vienna, sentì il bisogno di esprimere tutta la sua ammirazione a Mahler in una lettera del 12 dicembre 1904: «Ho visto la sua anima, nuda, completamente nuda. Era stesa davanti a me come un paese selvaggio, misterioso, con le sue voragini e i suoi abissi raccapriccianti, e pure con i suoi prati ridenti, leggiadri, soleggiati idillici luoghi di riposo. […] Ho visto un uomo agitarsi, tormentarsi, cercare faticosamente la propria armonia interiore; ho sentito un uomo, un dramma, “verità”, assoluta verità senza reticenze». L’esigenza di una verità interiore priva di compromessi raggiunge il culmine della concentrazione emotiva, senza mai perdere il controllo, nella luminosità del Finale, che chiude la Sinfonia in un clima di trasfigurazione.

 

 

Teatro di San Carlo
mercoledì 14 dicembre 2022 ore 19

 

HENRIK NÁNÁSI
Concerto per il Natale

 

Direttore | Henrik Nánási
Contralto | Ekaterina Gubanova

  

Programma
Gustav Mahler, Sinfonia n. 3 in re minore

 

 

per contralto, coro femminile, coro di bambini ed orchestra

 

Orchestra e Coro Femminile del Teatro di San Carlo
con la partecipazione del Coro di Voci Bianche del Teatro di San Carlo

Maestro del Coro | José Luis Basso
Direttore del Coro di Voci Bianche | Stefania Rinaldi

 

 

 

Con gentile preghiera di pubblicazione e/o diffusione

Rossana Russo,

Responsabile della comunicazione creativa e strategica e relazioni con la Stampa

r.russo@teatrosancarlo.it

 

 

Giulia Romito, Comunicazione e Stampa

g.romito@teatrosancarlo.it 0817972301

Henrik Nanasi, Conductor

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