La scomparsa di Gina Lollobrigida. Non un’icona ma un vissuto del cinema italiano
Pierfranco Bruni
La Bersagliera. La ricordiamo così? Non solo. L’attrice che ha accompagnato quella storia del cinema e quel cinema che era molto seguito da mia madre perché, diceva madre Maria, che apparteneva alla sua generazione. Ovvero quella nata nel 1927.
Gina (Luigia) Lollobrigida. Non solo Bersagliera dunque. Ma è stata l’attrice che è riuscita a lavorare con quei registi che hanno sempre creduto al legame tra letteratura e cinema: linguaggio delle parole e lingua delle immagini. Da Lattuada a Lizzani, da De Sica a Monicelli, da Blasetti a Germi sino a Soldati: sono soltanto alcuni dei registi con i quali ha tracciato il cinema italiano del Novecento.
Un cinema dentro il processo culturale un un attraversamento che ha visto soggetti ricavati da Brancati a D’Annunzio a Moravia, dal «realismo» alla favola. Non solo il «Pane, amore e fantasia» e » Pane, amore e gelosia», ma anche gli inizi con «Moglie per una notte» sino «Passaporto per l’Oriente» e nella continuità tra «Le belle della notte» per la regia di René Clair a «La romana». Un cinema dentro i linguaggi degli anni cinquanta alla fine dei sessanta con «Un bellissimo novembre» di Mauro Bolognini.
Un cinema che ha fatto il cinema, quel cinema che verrà dopo e sarà oltre i generi di commedia e teatralità sulla scena della macchina da presa e, quindi, oltre il palcoscenico. Gli anni settanta sono stati anni di ricerca depositata nella esperienza dell’attrice e della espressività del cinema stesso dentro i percorsi dei campi lunghi o ravvicinati. È la stagione di «Peccato mortale» che arriverà sino agli anni novanta con «Cento e una notte» proprio del 1995.
Ma sono gli anni in cui mia madre cantava, tra le stanze della mia infanzia, «Maruzzella» di Carosone, «Come prima» di Toni Dallara, «Tu vuò fa’ l’americano» sempre di Carosone, «Papaveri e papere» di Nilla Pizzi, «Nel blu dipinto di blu» di Domenico Modugno. Insomma un decennio e oltre che ha rivoluzionato la cultura italiana con i diversi generi che hanno caratterizzato e firmato generazioni.
Cinema, televisione, musica e documentari. Una vita in un immaginario che ha posto all’attenzione cultura popolare e ricerca altra come al televisivo «Una donna in fuga» del 1996 sino a toccare nel 2018 «American Horror Story».
Una attrice e un personaggio. Non una icona. Ma una protagonista che ha rappresentato un tempo, forse un vissuto del cinema italiano nello specchio antropologico del rapporto tra immagine, lingua e racconto. Infatti lei sapeva bene che «il cinema è un’arte immediata».
La Bersagliera ci ha lasciato il 16 gennaio del 2023. Un ricordare una attrice e una donna che resta in un immaginario personale dentro immaginari di generazioni. Gina Lollobrigida resterà, appunto, un immaginario che non si dimentica. Già, mia madre spesso mi ha raccontato la Bersagliera al suono delle colonne sonore di un’epica e di un’epoca che fanno eco nel mio senso del nostos. Il cinema è anche rappresentare emozioni che non svaniscono. Un indelebile viaggio che è stato formazione. Cosi la Gina.