Comunicato Stampa
Pretty Yende, dopo l’esibizione alla cerimonia di incoronazione del Re Carlo III e la Regina Camilla, debutta con Nadine Sierra
al Teatro di San Carlo
I due soprano in recital sotto la direzione di Pablo Mielgo
Domenica 21 maggio, ore 19.00
Il palcoscenico del Teatro di San Carlo accoglie il ritorno di due protagoniste della scena lirica internazionale: Pretty Yende e Nadine Sierra insieme in recital domenica 21 maggio alle ore 19.00.
Prima artista a inaugurare il Teatro conclusi i lavori di restauro lo scorso aprile, Yende torna a Napoli dopo l’esibizione alla cerimonia di incoronazione di Re Carlo III e della regina consorte Camilla. Sierra, invece, ha vestito i panni di Gilda nel Rigoletto che in gennaio si è tenuto al Teatro Politeama.
Sarà Pablo Mielgo a salire sul podio per dirigere l’Orchestra del Teatro di San Carlo.
L’ouverture da Le nozze di Figaro di Mozart apre una prima sezione del programma dedicata all’opera italiana in un arco che, dal belcanto di Rossini, Donizetti e Bellini, approda al romanticismo di Verdi. Il viaggio prosegue in Europa con Nicolai e Delibes, Léhar e Offenbach. In ultimo, Napoli e l’America: Eduardo Di Capua e la tarantella rossiniana La Danza si accostano a Victor Herbert e Leonard Bernstein.
La carriera di Pretty Yende, soprano sudafricano, comincia con una serie di prestigiosi premi. È la prima artista nella storia del Concorso Belvedere di Vienna a vincere, nel 2010, il più alto riconoscimento nelle due categorie di Opera e Operetta. I suoi studi, iniziati presso la South African College of Music, si concludono presso l’Accademia del Teatro alla Scala nel 2011. Fin dal suo debutto professionale, presso l’Opera Nazionale Lettone di Riga nel ruolo di Micaëla in Carmen, calca le più prestigiose scene internazionali. In Italia, accanto al Teatro alla Scala e al San Carlo, collabora con il Massimo di Palermo e La Fenice di Venezia.
Il soprano Nadine Sierra nasce in Florida. Una volta conclusi i suoi studi al Mannes College of Music di New York, prosegue con l’Adler Fellowship Program presso la San Francisco Opera. Numerosi riconoscimenti proiettano la sua carriera verso una dimensione internazionale. Nel 2017, vince il Richard Tucker Award e, nel 2018, riceve il Beverly Sills Artist Award presso il Metropolitan Opera. In Italia, collabora con il Teatro di San Carlo, La Scala di Milano, il Massimo di Palermo e La Fenice di Venezia. Nel 2018, il suo album di debutto There’s a Place for Us viene pubblicato da Deutsche Grammophon/Universal, seguito da Made for Opera nel 2022.
Pablo Mielgo, nato a Madrid, è il direttore stabile dell’Orquestra Simfònica de les Illes Balears e della Symphony of the Americas. è stato presto ingaggiato da prestigiose orchestre internazionali una volta conclusi gli studi presso la Escuela Superior de Música Reina Sofía e la London Guildhall School of Music. Ha assistito direttori quali James Conlon, Jesus Lopez Cobos, Daniel Barenboim e Claudio Abbado. Inoltre, collabora strettamente con artisti come Juan Diego Florez, Katia e Marielle Labèque, Pierre-Laurent Aimard, Emmanuel Pahud, Midori Goto, Khatia Buniatishvili, Julian Rachlin e Radovan Vlatković.
Guida all’ascolto
di Sergio Ragni
Quando le primedonne si vogliono bene
La storia dell’opera è costellata di pittoresche narrazioni dei contenziosi che le rivalità tra primedonne facevano spesso scaturire fuori o dentro i teatri.
Un episodio degno di una menzione particolare si svolse proprio qui nel nostro San Carlo.
Correva l’anno 1834 e Donizetti stava provando la sua nuova opera, Maria Stuarda, con Giuseppina Ronzi De Begnis nel ruolo di Maria e Anna Del Sere in quello di Elisabetta. Il maestro aveva previsto sulla scena un violentissimo scambio di invettive tra regine. Forse per una totale immedesimazione nei personaggi, causa ancor oggi di disastrose interpretazioni quando non è il cervello che tiene il tutto sotto controllo, le due dive si caricarono oltremodo e dopo gli insulti previsti da Donizetti in musica, passarono a vie di fatto e se le suonarono di santa ragione. Qualche giorno dopo lo stesso Donizetti ne informò l’amico librettista Jacopo Ferretti: «La lite delle donne la sai, e solo non so se sai che la Ronzi sparlando di me e credendomi lunge, diceva: Donizetti protegge quella p… della Del Sere, ed io risposi inaspettato: Io non proteggo alcuna di voi, ma p… erano quelle due, e due p… siete voi… si persuase, o s’avvilì o s’acquietò… non più si parlò, si seguitò, ella cantò, poi non s’andò…» in scena, perché per più d’un motivo l’opera fu censurata.
Donizetti, geniale in musica e nella parola, non si lasciò comunque sfuggire l’occasione di puntualizzare, con efficacia immediata, le caratteristiche temperamentali più vistose delle sue canterine.
Niente di tutto questo avverrà questa sera, nello stesso teatro, perché c’è solo lo spirito e non la persona di Donizetti e poi perché sulla scena ci sono due primedonne di grande talento e di grande equilibrio artistico e intellettuale.
Pretty Yende e Nadine Sierra, o Nadine Sierra e Pretty Yende, sono due esponenti straordinarie e agguerrite del belcanto, dove per belcanto s’intende qui che sanno cantar bene, di voce e di testa, e non di pancia come purtroppo ancor oggi qualche volta avviene. E c’è di più perché le due artiste, nel giudizio comune degli intenditori, sono paritarie nei loro meriti virtuosistici, espressivi e nello stile, tanto che potrebbero far l’una le veci dell’altra con eguale maestria. Insomma questa sera il fascino irresistibile, il mito della primadonna si raddoppia: «Two is megl che one» e per giunta il prezzo del biglietto non è raddoppiato.
Se ora volessimo seguire e descrivere dettagliatamente la scaletta del programma finiremmo per produrre uno sproloquio, controproducente ai fini di un beato ascolto distensivo di due ore circa di buona musica.
Nella smania oratoria odierna, di ampollose presentazioni e magniloquenti critiche, si finisce spesso per aggravare quella che qualcuno ritiene la più dilettevole delle arti. La musica basta da sola e non ha bisogno di traduzioni o di interpreti che non siano gli artisti chiamati ad eseguirla.
L’opera soprattutto è una bellissima convenzione, che né Gluck, né Wagner riuscirono a modificare. Nell’opera la coerenza deve essere bandita. Nell’opera tutto è consentito e tutto può accadere.
Vedi sull’argomento le moderne regie.
Pure, qualche accenno agli autori o ai brani eseguiti dovremo darlo, per impegno preso col maestro Dinko Fabris che ci ha commissionato l’articolo.
S’inizia di sola musica (= senza parole) con l’ouverture dalle Nozze di Figaro di Mozart. E che vuoi di più dalla vita?
Segue Rossini, l’unico maestro italiano legittimo erede del salisburghese. L’opera è Elisabetta regina d’Inghilterra rôle fetiche della divina Isabella Colbran che su questo palcoscenico con la sua arte vocale deliziava il pubblico e col suo portamento dava lezioni di regalità alla corte borbonica. Nel duetto in programma si confrontava con la collega Girolama Dardanelli, sua grande amica. Tanto amica che, spedita da Barbaja a Palermo, al Teatro Carolino, Girolama (Moma o Momolina per gli amici) si sentì autorizzata a smettere i panni di Matilde per indossare lei stessa il manto regale, fino allora, nel Regno delle Due Sicilie, prerogativa esclusiva della Signora Colbran.
Don Pasquale è una delle ultime opere di Donizetti e forse l’ultima opera comica seria (nell’accezione di importante) del repertorio italiano prima dell’arrivo del vecchio John. Norina che canta l’aria in programma è una diretta discendente della Bettina del Ser Marcantonio di Stefano Pavesi e della Fiorilla del Turco in Italia di Rossini. Non vogliamo annoiarvi spiegandovi il perché.
Fa di nuovo capolino Rossini con la sinfonia del suo Barbiere di Siviglia che poi per dire il vero era stata già sinfonia dell’Elisabetta, proprio quella di cui abbiamo ascoltato un duetto poco fa; ma non c’è da protestare: resta una magnifica pagina orchestrale in tutt’e due le opere.
Dopo Rossini e Donizetti non può mancare l’elegiaco ma pur sempre siculo Bellini che ci trasporterà dalla passeggiata di Amina dormiente e vagheggiante al tripudio di una sfolgorante cabaletta che la vede desta e tra le braccia dell’amato.
Prima di un altro Bellini s’inserisce prepotente Verdi. La traviata è opera tra le più popolari e rappresentate. La scena è quella del dopo festa in casa Valery. Dall’arrivo degli invitati alla loro partenza passano 15 minuti (cena e danze comprese) e la padrona di casa è stremata. Finalmente sola, ripensa al suo incontro con Alfredo e chiude l’atto con una scena tutta sua, fatta di riflessioni e di conclusivo inno alla libertà da vincoli di qualsiasi natura, ma soprattutto comprensiva di puntatura al mi bemolle sovracuto. Con buona pace di Verdi, e dei direttori verdiani, i soprani che non ne sono forniti è preferibile che si astengano dall’interpretare il ruolo. La mancanza del mi bemolle autorizza lo spettatore più esigente e competente a lasciare il teatro dopo il primo atto. Lo stesso potrebbe dirsi della pira senza do nel Trovatore, con la differenza che la cabaletta di Manrico è conclusiva dell’atto terzo e quindi manca poco alla fine dello spettacolo.
Tornando a Bellini e congiungendo le voci di Pretty e Nadine, o di Nadine e Pretty, rivivremo le ambasce di Norma preoccupata della futura sistemazione dei figli e di Adalgisa ansiosa di restituire a Norma la sua serenità, sempre comunque assai precaria.
A questo punto per dare qualche pausa di ristoro ai soprani il direttore Pablo Mielgo impegnerà l’orchestra da sola in una pagina del tedesco Otto Nicolai, ovvero l’ouverture dalla sua opera più famosa Le allegre comari di Windsor tratta dall’omonima commedia di Shakespeare. L’opera andò in scena a Berlino nel 1849. Due mesi dopo Nicolai morì all’età di 39 anni, classificandosi così quinto nell’eletta compagnia di Pergolesi (26), Schubert (31), Bellini (34), Mozart (35).
Tornate in scena le primedonne eseguiranno il duetto dei fiori dalla Lakmé di Léo Delibes. Assieme all’aria delle campanelle il duetto Lakmé-Mallika è tra i brani più conosciuti dell’opera che andò in scena al Théâtre de l’Opéra-Comique nel 1883.
Dopo la pagina floreal-esotica (Lakmé è ambientata in India) entra in scena Hanna Glavary, Vedova allegra ma fino a un certo punto, soprattutto quando deve cantare la romanza della Vilja, sarebbe a dire di una fanciulla o una fata dei boschi che dopo aver portato nella sua grotta un giovane cacciatore per… baciarlo, saziatasi dei suoi baci, scompare nel nulla, ribaltando, una volta tanto, i termini della violenza di genere.
Dopo Léhar è la volta di Offenbach che nei suoi Racconti di Hoffmann fa cantare addirittura una bambola che per quanto sia bravissima nei suoi gorgheggi ha il costante bisogno dell’assistenza del suo inventore. Qualcuno ipotizza che Offenbach, novello Nostradamus, preannunciasse in Olympia l’avvento di una delle più eccellenti primedonne dell’epoca moderna, di fatto creata dal marito e necessitante del suo supporto per essere mirabolante nella sua bravura.
Ci avviamo alla conclusione e dopo un ‘O sole mio (siamo a Napoli e abbiamo vinto lo scudetto) e una Danza di Rossini (siamo sempre a Napoli ma c’è ancora qualcuno che parla in italiano) ce ne andiamo prima in Irlanda in compagnia di Victor Herbert e poi negli Usa a trovare Bernstein.
Insomma di strada ne abbiamo fatta ma non è ancora finita perché ci saranno i bis.
Concerti /
21 maggio 2023
Pretty Yende & Nadine Sierra
Direttore | Pablo Mielgo
Wolfgang Amadeus Mozart
Le nozze di Figaro, Ouverture
Gioachino Rossini
Elisabetta regina d’Inghilterra, “Pensa….Non bastan quelle lagrime»
Gaetano Donizetti
Don Pasquale, “Quel guardo il cavaliere»
Gioachino Rossini
Barbiere di Siviglia, Ouverture
Vincenzo Bellini
La Sonnambula, «Ah se una volta sola…ah non credea mirarti…ah non giunge»
Giuseppe Verdi
La traviata, “È strano… Ah! Fors’è lui… Follie! Follie!»
Vincenzo Bellini
Norma, “Mira, o Norma… Sì, fino all’ore»
Otto Nicolai
Le allegre comari di Windsor, Ouverture
Léo Delibes
Lakmé, “Sous le dôme épais»
Franz Léhar
La vedova allegra, romanza della «Vilja»
Jacques Offenbach
I racconti di Hoffmann, «Les oiseaux dans la charmille»
Eduardo Di Capua
‘O Sole mio!
Gioachino Rossini
“La Danza”
Victor Herbert
The enchantress, “Art is calling for me/I want to be a Primadonna»
Leonard Bernstein
West Side Story, “I feel pretty»
Orchestra del Teatro di San Carlo
Durata: 1 ora e 53 minuti circa, con intervallo
Teatro di San Carlo
Domenica 21 maggio 2023 ore 19
Con gentile preghiera di pubblicazione e/o diffusione
Rossana Russo,
Responsabile della comunicazione creativa e strategica e relazioni con la stampa
cell 3357431980
Giulia Romito,
Comunicazione e Stampa
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