Serena conduce operaclassica eco italiano

Comunicato Stampa

OPER(A)MARE
cori da opere e canzoni napoletane di ambientazione marina

Maria Agresta e il Coro del Teatro di San Carlo diretti da José Luis Basso

 

Domani, mercoledì 24 maggio alle ore 19.00

 

 

Il Teatro di San Carlo presenta Oper(A)mare, speciale concerto in programma domani mercoledì 24 maggio alle ore 19 al Lirico di Napoli con la partecipazione del celebre soprano Maria Agresta e del Coro del Massimo napoletano diretti da José Luis Basso e accompagnati al pianoforte da Vincenzo Caruso.

In programma cori da opere e canzoni napoletane di ambientazione marina. Oper(A)mare è un concerto che celebra l’importanza del mare nella storia e nell’identità di Napoli e del Teatro di San Carlo, situato nel cuore della città e circondato dalla bellezza del Golfo.

Saranno eseguiti brani dedicati al mare da opere come I due Foscari di Verdi, Les contes d’Hofmann di Offenbach e pezzi vocali da camera di Rossini, alternati a melodie e canzoni popolari napoletane, come  La Procidana,  canto tradizionale dell’isola di Procida nell’ arrangiamento per coro e pianoforte di Vincenzo Caruso; Marechiare, di Francesco Paolo Tosti su testo di Salvatore di Giacomo nell’elaborazione per coro e pianoforte di Giuseppe Polese; ‘O paese d’o sole, testo di Libero Bovio e musica di Vincenzo D’Annibale; e ancora Torna a Surriento, musica di Ernesto De Curtis e testo di Gianbattista De Curtis; a brani come Barcarola, tratto da I due Foscari di Giuseppe Verdi, e A Vucchella musicata da Francesco Paolo Tosti su testo di Gabriele D’Annunzio. Il programma era stato presentato come omaggio all’isola di Procida Capitale Culturale Italiana.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Guida all’ascolto

A cura di Dinko Fabris

 

IL MARE NELL’OPERA E NELLA CANZONE NAPOLETANA

 

Nel 1809 fu rappresentata al Teatro dei Fiorentini di Napoli, allora specializzato in farse e commedie musicali, il “dramma per musica” intitolato La Procidana il cui libretto era scritto dallo specialista Giuseppe Palomba con la musica di Giuseppe Latilla. Non si conosce nulla su questo compositore, probabilmente un discendente del compositore barese Gaetano Latilla, molto famoso ancora intorno al 1770, ma soprattutto non è sopravvissuta la partitura di quest’unica opera in musica dedicata all’isola di Procida. Abbiamo invece il libretto stampato per l’occasione, che presenta sette personaggi, di cui alcuni parlano in lingua napoletana, secondo un antico uso del Teatro dei Fiorentini. Angelica, “donzella procidana” è destinata in sposa a Don caspero Annettapuorto, pilota di navi e interprete di più lingue, ma negato per entrambi i mestieri (questo ruolo era interpretato da carlo casaccia, esponente di un clan famigliare di cantanti buffi per quasi un secolo a Napoli). La ragazza è però amata dal suo tutore, il Dottor Amfibio Scorticoni, un “medico sciocco”, promesso sposo della sua governante Silvietta, mentre anche Don caspero ha un’amante segreta, Isabella, che è destinata in sposa ad un capitano di vascello, il capitan Gerundio. L’ultimo personaggio, calibrasso, sembra anticipare l’Elisir d’amore donizettiano perché è presentato come un “ciarlatano, che in Procida si finge barone”), ed anche lui è innamorato di Angelica. Davvero irresistibili sono le gags di Don caspero quando tenta di parlare le lingue straniere, esattamente come succede, in un’epoca più vicina, nelle indimenticabili scene di Totò e Peppino a Milano. Come nella migliore tradizione di commedia, tutto si risolve nel finale dove le coppie giuste si sposano: Angelica e il pilota, il dottore con la governante e Isabella col capitano di vascello, mentre il ciarlatano, scoperto, è messo in prigione, e il coro finale canta

 

Ogni lingua, sempre in festa,

per un giorno, e settimana,

dell’allegra Procidana

il bel genio narrerà.

 

Il programma di questo concerto, nato come omaggio a Procida Capitale Culturale italiana del 2022, non poteva che essere ispirato dal mare e dall’idea di popolo di marinai che da sempre caratterizza l’isola, ancor più delle altre splendide sorelle nel Golfo, ossia Ischia e Capri. Non per caso all’isola è rimasta legata una delle melodie tradizionali più amate dal popolo napoletano, intitolata come l’opera di Palomba e Latilla, La Procidana. La versione che ne aveva fatto mezzo secolo fa la Nuova Compagnia di Canto Popolare sotto la guida di Roberto De Simone, e poi resa immortale soprattutto nella versione della cantante nativa di Procida Concetta Barra col figlio Peppe, era attribuita ad un ipotetico secolo XVII, sulle parole:

 

Oh quant’è bella l’aria de lu mare,
nu’ me ne dice core de partire.
Ce sta ‘na figlia de ‘nu marenaro,
tanto ch’è bella che me fa murire.
‘Nu juorno me nce voglio arresecare,
‘ncoppa ‘a la casa soia voglio saglire.
Tanto la voglio astregnere e vasare,
a’nzì che dice: “Ammore, lassem’ire”.

 

Ma non sono soltanto i canti popolari a esaltare “l’aria de lu mare”. Innumerevoli sono le opere in musica, non solo italiane, che presentano situazioni marine, come si comprende leggendo il bel libro di Salvatore Mazzarella Mare immenso ci separa (Palermo, Sellerio, 2002) che analizza il rapporto tra il melodramma e il mare attraverso centinaia di libretti d’opera. Per simboleggiare questo legame, vitale per un Teatro lirico di una capitale mediterranea come Napoli, il coro del San carlo presenta proprio all’inizio di questo concerto la celebre “barcarola” dall’opera di Giuseppe Verdi I due Foscari, ambientato nella città più acquatica d’Italia, Venezia, alla metà del Quattrocento. Un’altra barcarolle è tratta più avanti dalla spumeggiante opera di Charles Offenbach Les contes d’Hoffmann, mentre del trionfatore dell’opera di primo Ottocento Gioachino Rossini, che era stato per sette anni direttore del Teatro di San Carlo prima di trasferirsi in Francia, dopo il l’evocativo brano corale I Gondolieri (dai tardi Pechées de viellesse) viene eseguita La danza, una composizione cameristica  tratta dalla raccolta Les Soirées musicales(1830-35), una scatenata “tarantella napoletana” sulle parole del marchese Pepoli che hanno più tardi ispirato la celebre canzone popolare “C’è la luna ,mezzo mare”:

 

Già la luna è in mezzo al mare,
mamma mia, si salterà!
L’ora è bella per danzare,
chi è in amor non mancherà.

Presto in danza a tondo, a tondo,
donne mie venite qua,
un garzon bello e giocondo
a ciascuna toccherà,
finchè in ciel brilla una stella
e la luna splenderà.
Il più bel con la più bella
tutta notte danzerà.

Mamma mia, mamma mia,
già la luna è in mezzo al mare,
mamma mia, mamma mia,
mamma mia, si salterà.

Salta, salta, gira, gira,
ogni coppia a cerchio va,
già s’avanza, si ritira
e all’assalto tornerà.
Già s’avanza, si ritira
e all’assalto tornerà!

Serra, serra, colla bionda,
colla bruna và quà e là
colla rossa và a seconda,
colla smorta fermo sta.
Viva il ballo a tondo a tondo,
sono un Re, sono un Pascià,
è il più bel piacer del mondo
la più cara voluttà.

Mamma mia, mamma mia,
già la luna è in mezzo al mare,
mamma mia, mamma mia,
mamma mia, si salterà.

Il maggior spazio in questa selezione, e non poteva essere diversamente, è dedicato allo straordinario repertorio della canzone popolare, dagli anonimi più antichi alle canzoni d’autore che si sparsero in tutto il mondo, sempre attraverso la lente del mare: “A Marechiaro”, “Michelemmà”, “‘O paese d’o sole” e tante altre, cui l’esecuzione corale assegna un particolare afflato comunitario, l’immagine di un’intera società unita dal canto. Questo avveniva con le sfrenate esecuzioni di tarantelle a mare, riprodotte in centinaia di quadri celebri a cominciare da quelli tardo settecenteschi di Peter Fabris. Ogni canzone napoletana ha la sua storia e non potremmo raccontare in poco spazio quelle di tutto questo intenso programma. Ne scegliamo due particolarmente suggestive, che ci riportano alla dimensione fiabesca del mare e hanno in comune la presenza del grande poeta e archivista napoletano Salvatore Di Giacomo. “Michelemmà” fu a lungo creduta una creazione originale del secolo XVII del pittore-poeta napoletano Salvator Rosa, e fu addirittura creato un falso spartito barocco con quel nome illustre, venduto al collezionista musicofilo inglese Charles Burney durante il suo viaggio a Napoli. Un secolo e mezzo dopo Di Giacomo ripresentò l’ipotesi della paternità di Salvator Rosa (che riteneva credibile per il riferimento nel testo ai “turchi” che in quell’epoca terrorizzavano con le loro incursioni le popolazioni del golfo di Napoli), ma nel frattempo era stata pubblicata già nel 1824 una versione di Michelemmà “Canzone di Pescatore composta da Guglielmo Cottrau”, all’interno di un’ampia raccolta di “Canzoni Napoletane” intitolata Passatempi musicali, raccolte e arrangiate da Cottrau che ne era anche l’editore.

 

È nata ‘mmiez’ô mare
Michelemmà, Michelemmà
Oje ‘na scarola

Li turche se nce vanno
A reposare.

Chi pe’ la cimma e chi
Michelemmà, Michelemmà
Pe’ lo streppone.

Biato a chi la vence
Michelemmà, Michelemmà
Co ‘sta figliola.

‘Sta figliola ch’è figlia
Michelemmà, Michelemmà
Oje de notaro

E ‘mpietto porta ‘na
Michelemmà, Michelemmà
Stella diana.

Pe’ fà morì ll’amante
Michelemmà, Michelemmà
A duje a duje

 

Marechiaro è invece il nome di un borgo di pescatori in posizione strategica sul litorale napoletano, che è diventato proverbiale proprio grazie alla canzone dallo stesso titolo, musicata dallo specialista di romanze da camera Francesco Paolo Tosti su un testo di Salvatore Di Giacomo. Questi avrebbe trovato l’ispirazione per la sua lirica osservando una piccola “fenestella” con un garofano sul davanzale, ma solo con molta insistenza il compositore era poi riuscito a ottenere il testo dal poeta. Divenne una delle più commoventi e conosciute canzoni d’amore di tutti i tempi:

 

Quanno spónta la luna a Marechiare,
pure li pisce nce fanno a ll’ammore…
Se revòtano ll’onne de lu mare:
pe’ la priézza cágnano culore…

A Marechiare ce sta na fenesta:
la passiona mia ce tuzzuléa…
Nu garofano addora ‘int’a na testa,
passa ll’acqua pe’ sotto e murmuléa…

Chi dice ca li stelle só’ lucente,
nun sape st’uocchie ca tu tiene ‘nfronte!
Sti ddoje stelle li ssaccio i’ sulamente:
dint’a lu core ne tengo li ppónte…

Scétate, Carulí’, ca ll’aria è doce…
quanno maje tantu tiempo aggi’aspettato?!
P’accumpagná li suone cu la voce,
stasera na chitarra aggio purtato…

 

 

 

 

/ Concerto

 

24 maggio 2023

OPER(A)MARE
cori da opere e canzoni napoletane di ambientazione marina

Direttore | José Luis Basso
Soprano | Maria Agresta
Pianoforte | Vincenzo Caruso

 

Programma

Barcarola
dall’opera I due Foscari, musica di Giuseppe Verdi, testo di Francesco Maria Piave (1842)

 

“Alla fiera di Mastr’Andrea»

canzone tradizionale, elaborazione di Gaetano Panariello

 

“’A Vucchella”

canzone napoletana, musica di Francesco Paolo Tosti, testo di Gabriele D’Annunzio, elaborazione per coro e pianoforte di Giuseppe Polese (1907)

Soprano: Maria Agresta

 

“Marechiare”

canzone napoletana di Francesco Paolo Tosti, testo di Salvatore Di Giacomo, elaborazione per coro e pianoforte di Giuseppe Polese (1886)

 

Entr’acte et Barcarolle

dall’opera Les contes d’Hoffmann, musica di Jacques Offenbach, testo di Jules Barbier (1881)

 

“La Procidana”

canto tradizionale dell’isola di Procida, arrangiamento per coro e pianoforte di Vincenzo Caruso

 

“Michelemmà”

canzone napoletana tradizionale, arrangiamento per coro e pianoforte di Vincenzo Caruso

 

“Canto delle lavandaie del Vomero”

canzone napoletana tradizionale, arrangiamento per coro e pianoforte di Vincenzo Caruso

 

I Gondolieri “Quartettino”

musica di Gioachino Rossini

 

“’O paese d’ ‘o sole”

musica di Vincenzo D’Annibale, testo di Libero Bovio (1925)

 

“Torna a Surriento”

musica di Ernesto De Curtis, testo di Gianbattista De Curtis, arrangiamento per coro e pianoforte di Vincenzo Caruso (1894)

Soprano: Maria Agresta

 

La Danza “canzoncina”

musica di Gioachino Rossini, testo di Carlo Pepoli, elaborazione per coro e pianoforte di Giuseppe Polese (1835)

 

“Mandulinata a Napule”

musica di Ernesto Tagliaferri, testo di Ernesto Murolo, arrangiamento per coro di Claudio Riffero (1921)

 

“’O surdato ‘nnammurato”

musica di Enrico Cannio, testo di Aniello Califano, arrangiamento per coro di Claudio Riffero (1915)

Soprano: Maria Agresta

 

“I’ te vurria vasà”

musica di Eduardo Di Capua, testo Vincenzo Russo, trascrizione per coro di Claudio Luongo (1900)

Soprano: Maria Agresta

 

Tarantella Napoletana, dall’opera buffa Piedigrotta

musica di Luigi Ricci, testo di Marco D’Arienzo, arrangiamento per coro e pianoforte di Vincenzo Caruso (1852)

 

“’O sole mio”

musica di Eduardo Di Capua e Alfredo Mazzucchi, testo di Giovanni Capurro, arrangiamento per coro e pianoforte Vincenzo Caruso (1898)

Soprano: Maria Agresta

“Funiculì funiculà”

musica di Luigi Denza, testo di Giuseppe Turco, arrangiamento per coro di Claudio Riffero (1890)

 


Coro del Teatro di San Carlo

Maestro del Coro | José Luis Basso

 

 

 

 

 

 

Rossana Russo,

Responsabile della comunicazione creativa e strategica e relazioni con la Stampa

r.russo@teatrosancarlo.it

cell 3357431980

 

Giulia Romito,

Comunicazione e Stampa g.romito@teatrosancarlo.it 0817972301

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