McConnell e la “sua” Corte Suprema: obiettiva e imprevedibile?
“Non è una corte normale”. Questa la caratterizzazione del presidente Joe Biden mentre commentava la recente decisione della Corte Suprema di eliminare l’Affirmative Action che dava una leggera preferenza a gruppi minoritari nelle ammissioni all’università. Anche Chuck Schumer, democratico di New York e presidente del Senato, ha espresso parole poco dolci, asserendo che si tratta di una Corte dominata da eccessi di “estrema destra”, tipici del movimento MAGA, lo slogan di Donald Trump di rifare grande l’America.
Mitch McConnell, senatore repubblicano del Kentucky e leader della minoranza al Senato, ha dissentito cantando le lodi della Corte Suprema in un recente articolo nel Washington Post. Nessun problema secondo McConnell. Come si sa, con la nomina di Amy Coney Barrett da parte di Trump nel 2020, i conservatori hanno ottenuto una maggioranza di 6 a 3 giudici di orientamento conservatore con risultati molto favorevoli alla destra. McConnell è l’artefice di questa maggioranza schiacciante di giudici conservatori nella Corte Suprema.
Tre dei 6 giudici di orientamento conservatore sono stati nominati da Trump, un presidente eletto da una minoranza del voto popolare, e persino macchiato da due impeachment. Due delle nomine di Trump sono avvenute in modo anomalo e fortunoso. Uno di questi scanni si considera “rubato” da McConnell. Quando il giudice conservatore Antonin Scalia morì inaspettatamente nel 2016 l’allora presidente Barack Obama nominò Merrick Garland per sostituirlo. McConnell, allora presidente del Senato, non sottomise la nomina alla conferma. Con una trovata originalissima e senza precedenti storici, McConnell spiegò che in un anno di elezione presidenziale non si potevano confermare giudici della Corte Suprema perché gli elettori meritavano prima di scegliere il nuovo presidente. Avendo congelato la nomina di Garland, la fortuna sorrise a McConnell poiché Trump riuscì inaspettatamente a sconfiggere Hillary Clinton. Da presidente, Trump ritirò la nomina di Garland sostituendola con Neil Gorsuch, giudice di orientamento conservatore.
Una seconda nomina di Trump, Amy Coney Barrett, avvenne anche in maniera fortuita ma anche per il machiavellismo e ipocrisia di McConnell. Quando la giudice liberal Ruth Baines Ginsburg morì nel 2020, Trump nominò Coney Barrett per sostituirla. L’elezione del 2020 era già in corso mediante il voto anticipato, permesso in molti Stati, ma questa volta McConnell decise di non seguire la sua regola applicata nel caso di Garland. Coney Barrett fu confermata in tempi rapidissimi. L’altra nomina di Trump avvenne in maniera abbastanza tradizionale. Il giudice della Corte Suprema Anthony Kennedy andò in pensione nel 2018 e Trump lo sostituì con Brett Kavanaugh. La conferma fu molto contenziosa perché durante le audizioni Kavanaugh fu accusato di stupro quando era studente al liceo. Alla fine però prevalse e fu confermato.
La nuova maggioranza di giudici conservatori si è fatta sentire. Il caso più clamoroso è ovviamente la revoca del diritto all’aborto. Nelle conferme di tutti i giudici alla Corte Suprema i senatori democratici ripetutamente li interrogano sulla questione dell’aborto. Tutti, incluso quelli nominati da presidenti repubblicani, promettono di non toccare la legge considerando il diritto all’aborto già stabilito e consacrato da molti precedenti. L’esito finale della revoca fu di 5 a 4. L’unico dei giudici di orientamento conservatore a schierarsi con i 3 di orientamento liberal è stato John Roberts.
Nel suo articolo per giustificare l’operato della Corte Suprema McConnell cita il numero di casi in cui i giudici non votano sempre riflettendo l’ideologia del presidente che li ha nominati. Non ha tutti i torti ma ne ha molti. La sterzata a destra della Corte Suprema in questa sessione, che come negli anni passati inizia ad ottobre e si conclude a luglio, si vede chiaramente dalle decisioni che in grande misura riflettono l’ideologia conservatrice. Due eccezioni però darebbero un minimo di ragione a McConnell. Il primo sarebbe quello di avere mantenuto i diritti civili in un caso presentato dall’Alabama e un altro della South Carolina che avrebbe conferito esagerati poteri alla legislatura statale di determinare e possibilmente ribaltare l’esito delle elezioni.
La sterzata della Corte Suprema verso la destra rimane però decisamente come ci conferma anche la procedura di quali casi considerare. Solo il 5 percento dei ricorsi alla Corte Suprema viene accettato e ciò pende a destra. Ci vogliono 4 giudici della Corte Suprema disposti a considerare un caso presentato. Visto che ci sono solo 3 giudici di orientamento liberal la stragrande maggioranza dei casi accettati per considerazione ed eventuale decisione proviene da interessi conservatori.
Ci sono pochi dubbi che il baricentro della Corte Suprema si sia spostato a destra. Questo rappresenta un danno per il Paese attualmente ma continuerà per molti anni poiché i giudici sono nominati a vita. Ciò forma un grande contrasto con la Camera, il Senato e la presidenza che cambiano secondo gli esiti elettorali. Ci vorrebbero riforme ma la Corte Suprema è un “ramo governativo uguale” agli altri, secondo John Cornyn, senatore repubblicano del Texas. Né il ramo esecutivo né quello legislativo possono toccare la Corte Suprema. Cornyn ha ragione ma allo stesso tempo si sbaglia. Il potere legislativo può modificare la Corte Suprema per quanto riguarda il suo numero e potrebbe imporre limiti alla carica di giudici. Manca però il potere politico poiché richiede che il potere esecutivo e quello legislativo siano nelle mani di un partito e al momento al Senato ci vorrebbe una super maggioranza di 60 su 100 consensi. L’unica soluzione sarebbe di creare questo tipo di maggioranza alle urne. Improbabile, ma la sterzata a destra della Corte Suprema, specialmente la revoca del diritto all’aborto, potrebbe galvanizzare gli elettori democratici e continuare a mantenere McConnell nella minoranza al Senato. È proprio ciò che teme McConnell. Una delle ragioni per il suo tentativo di difendere la Corte Suprema è di sminuire l’energia, specialmente quella delle donne, di recarsi alle urne. Paradossalmente, i successi alla Corte Suprema orchestrati da McConnell potrebbero rivelarsi vittorie pirriche in future elezioni.
Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.
Tutte l’opinioni versati nel sito correspondono solo a chi la manifesta. Non e necessariamente l’opinione della Direzione.