Lucia di Lammermoor

LUCIA di LAMMERMOOR
«Lucia di Lammermoor andò, e permetti che amichevolmente mi vergogni e ti dica la verità. Ha piaciuto e piaciuto assai. Per molte volte fui chiamato fuori e ben molte anche i cantanti. Ogni pezzo fu ascoltato con religioso silenzio e da spontanei evviva festeggiato.»
Così il compositore Gaetano Donizetti scriveva al suo editore Giovanni Ricordi dopo la prima esibizione di Lucia di Lammermoor, rappresentata con grande successo al RealTeatro di San Carlo di Napoli il 26 settembre 1835.
Ritenuta la più famosa tra le opere serie di Donizetti, ‘Lucia’ fu musicata su libretto di Salvatore Cammarano (la cui ultima opera è il Trovatore di Verdi), tratto da The Bride of Lammermoor di Walter Scott (1819).
La struggente cabaletta finale ‘Tu che a Dio spiegasti l’ali’ è considerata uno dei più bei pezzi d’opera tenorili, senza nulla togliere al duetto nel finale della prima parte, al vibrante sestetto ‘Chi mi frena in tal momento?’ e alla celebre ‘scena della pazzia’ di Lucia.
La trama è nota. Durante una battuta di caccia Lord Enrico Ashton viene informato da Normanno (armigero della casata Ravenswood) che la sorella (Lucia di Lammermoor) è innamorata di Edgardo di Ravenswood, la cui famiglia è da sempre sua rivale.
Edgardo è costretto a partire per difendere la Scozia ma prima di farlo, scambia gli anelli con Lucia in pegno di amore eterno. Enrico – che lo odia – approfitta della sua partenza per far credere alla sorella (in accordo con Normanno e Raimondo, educatore e confidente di Lucia) che Edgardo ha un nuovo amore. La costringe così a sposare Lord Arturo Bucklaw, uomo ricco e potente, il cui patrimonio risolleverà le sorti degli Ashton.
Durante le nozze irrompe Edgardo che – credendo di esser stato tradito – maledice l’amata e calpesta l’anello che gli aveva regalato (Chi mi frena in tal momento).
Presso la torre di Wolferag Enrico lo sfida a duello fissato per l’alba del giorno dopo.
Lucia perde completamente il senno e durante la prima notte di nozze, uccide il marito, morendo poi consumata dalla follia e dall’amore perduto.
Saputa la notizia, Edgardo – che non può vivere senza di lei- si trafigge con un pugnale (Tu che a Dio spiegasti l’ali).
‘Lucia’ ha debuttato ieri 12 agosto nell’ambito del Macerata Opera Festival (MOF) presso lo Sferisterio cittadino (imponente anfiteatro inaugurato nel 1829, grazie all’iniziativa dei ‘Cento Consorti’, gruppo di privati benestanti del luogo).
Il capolavoro di Donizetti (assente da ben venti anni) ha fin da subito catturato il pubblico e non poteva essere altrimenti: struggenti le sue melodie e degni della massima attenzione i virtuosismi del bel canto (protagonista in testa) cui si sono aggiunte le atmosfere gotiche e la ricostruzione (attraverso la tecnica del videomapping sul pavimento e sul muro del teatro) di castelli e scogliere scozzesi.
Il regista Jean-Louis Grinda (già direttore dell’Opéra Royal de Wallonie di Liegi e dell’Opera di Monte Carlo) ha deciso di rappresentare la cosiddetta ‘scena della torre’ (soppressa in molti allestimenti) e accompagnare la celebre ‘scena della pazzia’ (Il dolce suono – Ardon gl’incensi) con la glassarmonica (detta anche ‘armonica a bicchieri’), strumento di rara esecuzione che Donizetti aveva previsto in partitura per caratterizzare timbricamente la perdita della ragione della protagonista e che spesso viene invece sostituito dal flauto. A suonare la glassarmonica è il tedesco Sascha Reckert uno dei pochissimi interpreti oggi in attività.
L’opera è realizzata in coproduzione con le Chorégies d’Orange, festival assai simile a quello maceratese che si è svolto (19 giugno-24 luglio 2023) nella località francese celebre per il maestoso teatro romano. Nel cast figurano interpreti di fama internazionale come Ruth Iniesta (Lucia), Dmitry Korchak (Edgardo) e Davide Luciano (Enrico), Mirco Palazzo (Raimondo), oltre a Paolo Antognetti (Arturo), Natalia Gavrilan (Alisa) e Gianluca Sorrentino (Normanno).
Nel golfo mistico siede l’Orchestra Filarmonica Marchigiana (FORM), il Coro Lirico ‘Vincenzo Bellini’ (fondato ad Ancona nel 1887 e diretto da Martino Faggiani) e il complesso bandistico ‘Salvadei’ di Macerata (in attività dal 1930).
La direzione musicale è affidata allo spagnolo Jordi Bernàcer (dal 2015 direttore dell’Opera di San Francisco).
Firmano le scene Rudy Sabounghi, i costumi Jorge Jara, il video design Étienne Guiol e Malo Lacroix, il progetto luci Laurent Castaingt (repliche il 14, 17 e 19 agosto).
Prima che andasse in scena ‘Lucia’, Donizetti (all’epoca 38enne) aveva composto in diciassette anni di attività, ben quarantatrè opere, tra cui ‘Enrico di Borgogna’ (1818) opera ‘semiseria’, secondo una minuziosa classificazione di allora poiché includeva un personaggio comico, così come (per la stessa ragione) era stata classificata tale ‘Torquato Tasso’ (1833), malgrado la morte di Eleonora d’Este e i deliri del protagonista.
Aveva composto altresì una delle opere buffe per eccellenza, ‘L’Elisir d’amore’ (1832) e una farsa come ‘Le convenienze e inconvenienze teatrali’ .
‘Lucia di Lammermoor’ non fu il suo primo grande successo nel genere ‘serio’, dato che già ‘Anna Bolena’ (1830) e ‘Lucrezia Borgia’ (1833) erano state opere vincenti. Quest’ultima, anzi, fu assiduamente rappresentata fino all’inizio del nostro secolo, anche se ‘Lucia’ rientra nel repertorio teatrale più consueto.
Donizetti morì 51enne a Bergamo, sua città natale, ‘in stato di demenza’ (come venne scritto) dopo aver composto settanta opere. Per un singolare destino aveva descritto più volte la pazzia, iniziando dalla protagonista di ‘Emilia di Liverpool’ (1824) e continuando con i deliri di Murena ne ‘L’esule di Roma’ (1828) e di Torquato Tasso nell’opera omonima, per giungere a quelli di Linda di Chamounix (1842).
Lucia è stata associata da molti critici ad ‘Anna Karenina’ di Lev Tolstoj che viene comunemente citato con Flaubert come uno degli scrittori che vi fecero riferimento.. In realtà Tolstoj non citò mai l’opera né Donizetti, limitandosi a richiamare solo genericamente un’opera, una scena di pazzia e una cavatina. La nominò, invece, espressamente nel capitolo V d nel racconto ‘Al’bèrt’ (1858) in cui fa dire al protagonista che anche nella musica ‘nuova’ (ovviamente per il tempo) ci sono ‘straordinarie bellezze’ come ‘La sonnambula’ di Bellini, il finale di Lucia e Chopin. In ‘Anna Karenina’ Tolstoj fece invece apparire Adelina Patti, ‘la Patti’, che fu nota per la sua Lucia, ma anche per la Sonnambula.
Paola Cecchini

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