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Comunicato Stampa

 

Dan Ettinger dirige la “Romantica” di Bruckner

Domani, giovedì 14 settembre alle ore 19

 

 

Dan Ettinger torna sul podio dell’Orchestra del Teatro di San Carlo domani giovedì 14 settembre alle ore 19 per il primo concerto sinfonico dopo la pausa estiva. L’appuntamento, in cartellone per la Stagione di Concerti 22/23 del Massimo napoletano, vede in locandina la Sinfonia n. 4 in mi bemolle maggiore «Romantica» di Anton Bruckner, definita “romantica” dallo stesso autore per i rimandi alla poesia tedesca di Tieck e Novalis e alla musica di Franz Schubert.

L’opera fu rappresentata per la prima volta a Vienna il 20 febbraio 1881 sotto la direzione di Karl Richter ed è considerata il primo vero successo di Bruckner.

Composta nel 1874 e revisionata più volte è,  insieme alla Settima e all’Ottava, uno dei più celebri lavori del compositore austriaco, in cui l’autore esprime la propria  personale visione della natura e una  silenziosa e solitaria contemplazione del mondo.

 

Dan Ettinger è considerato come uno dei direttori più ricercati della sua generazione a livello internazionale. È direttore musicale dell’Opera di Israele e direttore musicale dell’Orchestra Filarmonica di Stoccarda. Da gennaio 2023 è Direttore Musicale del Teatro San Carlo di Napoli.  Si esibisce regolarmente nei più importanti teatri d’opera al mondo, come  Metropolitan di New York, Covent Garden di Londra, l’Opéra National de Paris, Opernhaus di Zurigo, Wiener Staatsoper e Bayerische Statsooper oltre che al  Festival di Salisburgo.

 

 

 

 

 

Guida all’ascolto

A cura di Alessandro Zignani

 

Di Mondi lontanissimi

La Sinfonia n. 3 di Bruckner, diretta dall’autore con i Wiener Philarmoniker, fu uno dei disastri più rimarchevoli nell’intera storia dell’orchestra. Alla fine del concerto, in sala rimanevano dieci persone, tra le quali spiccavano Hugo Wolf e Gustav Mahler. Di fronte al loro tentativo di consolare il compositore, costui “lasciatemi perdere – sbottò – Non vedete? di me, non ne vogliono sapere”. Bruckner insegnava Armonia e Contrappunto nel Conservatorio della capitale asburgica. Vi si era diplomato da privatista, dopo quasi quarant’anni passati tra le scuole elementari di paesini nella remota provincia ed abbazie fuori dal tempo, come quella di Sankt Florian, dove la musica stava ancora repressa in penitenziali pratiche barocche. Maestro elementare per metà della sua vita, come suo padre, l’incontro con la musica di Wagner lo aveva convinto a farsi sinfonista. Quindi, ormai in quell’età quando i compositori diventano maestri, si fece allievo, per corrispondenza, del grande contrappuntista Simon Sechter. Infine si presentò, le scarpe spaiate, la parlata segnata dal dialetto paesano, di fronte a quella commissione il cui presidente, alla fine, commentò “doveva essere

lui, a esaminare noi”. Vienna era una città antiwagneriana. La Terza di Bruckner era dedicata a Wagner. Del “dramma musicale” caro al vate della “musica dell’avvenire”, a Bruckner, non importava. Leggeva il Tristano e Isotta su di una partitura dalla quale erano state cancellate le parole. Alla “prima” della Valchiria, nella scena finale, chiese al vicino di posto che mai avesse fatto di male, quella poveretta, visto che la mettevano sul rogo. Di Wagner, gli interessava il suo riprendere tecniche barocche che erano il suo codice genetico di musicista. Quel suo costruire partiture sempre protese a

trascendere il tempo, cercando scie di luce che rendessero, lo scandire la materia ottusa dell’esistere, un’illusione. Il sospendere le modulazioni, quasi la musica fosse un continuo improvvisare: disciplina nella quale Bruckner, organista, era autorità suprema. Bruckner cominciò a comporre sinfonie a quarant’anni, dopo una pratica nella musica sacra dedicata alla gloria del Creatore, che la sua musica rendeva speculare alla Sua Creazione. L’eternità fu, da subito, l’argomento del suo dire. La vita degli esseri transeunti: i suoni del mondo, le danze, le canzoni, i richiami delle fanfare, mulinavano, nelle sue sinfonie, fino a trascendere nel mistero della rivelazione. Vienna era, a quei tempi, dominata dal critico Eduard Hanslick. Odiava Wagner. Amava solo Brahms. Credeva che il rendere la musica un racconto, un “romanzo”, inquinandola con descrizioni del mondo reale, fosse un attentato alla sua purezza. La profanazione dei suoni, il loro connubio con la parola, propugnato da Wagner, era, per lui, anatema. Inscrisse Bruckner tra i profeti della musica “descrittiva”, e per lui fu la fine. La Sinfonia n. 4 “Romantica” di Bruckner abbonda di didascalie descrittive. Si va Dall’alba” fuori dalle mura turrite di un castello, e lo sciamare di cavalieri bardati verso la battaglia, delle prime battute, alla “canzone” del menestrello nel secondo movimento; fino al culmine della “caccia selvaggia” seguita dal ricovero tra le fronde, e la danza conviviale, evocate nello Scherzo. Sono interpolazioni di benintenzionati allievi, echi di un gusto oleografico dal quale Bruckner sperava redenzione al collasso della Terza. Era una concessione ai tempi. Per comprendere Bruckner, bisogna immaginare che Bach si sia intrattenuto, nei Campi Elisi, con Beethoven e Schubert, imparando dal primo che ogni partitura è una lotta col caos, e dal disincarnato Franz, che nel canto degli umili c’è la scintilla del divino. Le nove sinfonie che accolse nel suo lascito, dopo una partitura “di studio” ed una che definì “annullata”, sono tutte estensioni della stessa utopia: per dirla con William Blake, “vedere il mondo in un granello di sabbia, e l’eternità in un’ora”. Revisionò fino alla fine ogni partitura per connetterla in un asse progressivo i cui bracci sono due grandi gruppi: le Sinfonie nn. 1-4 e le nn. 6-9, con la Quinta a fare da centro focale, sole che mai tramonta. In questo disperato combattere i limiti della materia, si consumò fino a lasciare incompiuto il Finale della Nona, nel quale doveva culminare questa stratificazione geologica di derivazioni. Nessuna musica è più pura, astratta, fondata su forma e struttura, che quella di Bruckner. La Quarta, è il riflesso delle prime tre: il suo campo gravitazionale. Il richiamo del corno, nelle prime battute, viene sviluppato nel tema lirico del secondo movimento,

per poi dar corpo, per derive ritmiche, alla fanfara dello Scherzo, e ritornare, per moto inverso, all’inizio del Finale. Bruckner era ossessionato dalle strutture ternarie: la Trinità teologica. Martire delle simmetrie, reagiva ad ogni infrazione, nel mondo reale, verso questa sua geometria dell’assoluto, con attacchi di panico. Per qualche tempo, il sanatorio di Bad Kreuzen, con le sue cure idroterapiche, lo ebbe tra i suoi pazienti: i testimoni di come l’uomo non possa sopportare troppa bellezza. Nelle sue sinfonie, il principio dialettico della forma-sonata – dove un tema ritmico, emblema della natura matrigna, si oppone a un canto che esprime il dolore dell’uomo di fronte al destino – viene moltiplicato lungo tre sezioni. Nella prima il tempo, nemico della vita, celebra il suo trionfo; nella seconda, la vita degli esseri viventi pulsa in un’ingenuità tenera, per quanto è cieca; infine, il “tema all’unisono” trasporta il tutto in cieli dove ogni contrasto diventa illusione. Il primo movimento della Quarta evoca, nella sua seconda sezione, il verso della cinciallegra. Gli uccelli, in Bruckner, sono le voci dei morti, prima che l’eternità li faccia liberi dal tempo. Mahler sosteneva che Bruckner fosse l’unico compositore capace di riemergere alla gioia, dopo le tenebre. Nelle ultime battute del movimento iniziale, il richiamo aurorale dell’incipit diventa il portale verso un mondo senza gravità. Il secondo movimento è una Romanza: un canto antico. Com’è tipico in Bruckner, il tema si fa, poi, un’eco della memoria; qualcosa che richiama paesaggi perduti. Nella sezione centrale, i “pizzicati” degli archi descrivono un faticoso sospirare la lirica spontaneità, ingenua per troppa sapienza, di Schubert. Nella Coda, tutto trapassa nel silenzio del mito. Bruckner era un panteista. Credeva che Dio fosse nella luce, le fronde, le acque, i riflessi del mondo creato. Lo Scherzo festeggia la simbiosi tra uomo e natura. È una musica scenografica, dove i timbri orchestrali evocano distanze e prospettive in progressiva dissolvenza. Nel Trio emerge il Bruckner esegeta del Ländler, quella danza popolare che celebra le stagioni e la loro ricorrenza. La città degli uomini è fatta di riti, condivisione di un tempo rituale, che li protegge dal caos dell’infinito. Nel Finale, l’incedere del destino, finora reso leggenda, emerge nel suo oscuro pulsare. Il richiamo del corno che apre la sinfonia

viene sommerso dall’infuriare dell’orchestra, sigillo del caos. Nella sezione centrale, Bruckner introduce un Corale dove variazioni dei temi precedenti si sovrappongono, a evocare la geometria ordinatrice del logos divino. Sempre, il Corale, in lui, è la soglia su mondi lontanissimi. Nella magnifica Coda assistiamo ad uno dei momenti più splendidi della tecnica per fasce timbriche che allude, in Bruckner, alla trascendenza. Gli archi sono la fatica del tempo; i legni, le voci che chiamano alla redenzione; gli ottoni, gli appelli di creature angeliche. Infine, il tema del corno con cui si apre la sinfonia suggella l’intera forma in un esito che è anche principio, eterno rinnovellarsi di ciò che a noi appare momentaneo. La musica, in Bruckner, è la curvatura ciclica del destino: l’ordine che la fede in un senso immanente oltre il visibile, sa imprimere all’esistere. Per Bruckner, il rivelarlo, era lo scopo dell’erigere le sue colossali cattedrali sonore.

 

 

 

Teatro di San Carlo
giovedì 14 settembre 2023, ore 19:00

DAN ETTINGER

 

Direttore | Dan Ettinger

 

Programma

Anton Bruckner
Sinfonia n. 4 in mi bemolle maggiore «Romantica»


Orchestra del Teatro di San Carlo

 

 

 

 

Con gentile preghiera di pubblicazione e/o diffusione

Rossana Russo,

Responsabile della comunicazione creativa e strategica e relazioni con la Stampa

r.russo@teatrosancarlo.it

cell 3357431980

 

Giulia Romito,

Comunicazione e Stampa g.romito@teatrosancarlo.it 0817972301

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