«La moschea di Samira» di Pierfranco Bruni – Un viaggio verso l’elevazione dal sé nel cerchio dell’eterno ritorno

 

  • «La moschea di Samira» di Pierfranco Bruni – Un viaggio verso l’elevazione dal sé nel cerchio dell’eterno ritorno

di Stefania Romito

 

La moschea di Samira segna un epocale spartiacque rispetto alla precedente produzione letteraria bruniana. Pierfranco Bruni accede al ciclo delle opere mature con un immane capolavoro che va oltre ogni prospettiva contemplata e vissuta in precedenza.

La moschea di Samira è un viaggio verso l’elevazione dal sé nel cerchio dell’eterno ritorno in una trasmutazione che si attua mediante le peculiari tematiche bruniane impreziosite da una inedita e stupefacente polisemia.

Una elevazione che dalla terra va verso il cielo per poi tornare alla terra e che rinviene il senso immanente dell’esistenza nella circolarità. Poiché è proprio nella circolarità, in cui risiede la Verità, che si compie il viaggio dell’uomo giunto al suo ultimo grado di trasformazione.

Pierfranco Bruni è il trasformante-trasformato che mette in scena la volontà di potenza creatrice attraverso l’accoglimento dell’eterno ritorno del sempre uguale.

Una sublimazione d’anima, riservata solo ai grandi uomini, che rinviene nella dimensione circolare l’accettazione, non una volta ma infinite volte, del dionisiaco con le sue abissali tragedie e le estasianti sublimità, nella piena consapevolezza dell’importanza dell’attimo. E ancora il riferimento a Niezsche è potente in questa volontà di fermare il tempo tra passato e aspettativa futura.

Lo sciamano osservò il mare: “Non bisogna vivere in nostalgia. Il tempo è una percezione che attraversa le vite e si fa spazio nei pensieri. Fermati e ritrovati”.

Un’opera trascendente in cui Samira, che potrebbe apparire allo sguardo miope la donna-mistero che affascina e seduce per poi svanire, si fa invece prodigioso ponte tra l’uomo e l’oltreuomo. Sensualità celestiale di una spiritualità che collega l’uomo al divino. Il “ponte” di Zarathustra. L’amore stesso, in Bruni, diviene ponte nicciano che consente di allontanarsi da ogni terrena carnalità. Una figura femminile che dismette per sempre i panni della famme fatale per acquisire un significato simbolico pregnante, fortemente intriso di valori spirituali.

Chi ravvede in Samira la donna bella e sensuale che conquista il cuore dello scrittore, dimostra di possedere una visione omodiegetica ed estremamente limitata della prospettiva di pensiero. Il lettore, invece, che osserverà con lo sguardo onnisciente eterodiegetico, innalzandosi come un falco su tale visione, approderà a una mirabile consapevolezza che rifulge di luce interiore.

L’immenso che è in te ha una danza infinita lungo il cerchio delle nostre anime.

Samira è colei che danza tra sette veli e che si aggira nella labirintica moschea dalle sette stanze. Samira è l’aquila che sovrasta ogni felicità terrena e divina e che attira nelle ali il serpente-uomo consapevole della propria forza-fragilità.

Come Zarathustra annuncia al mondo la morte di Dio e l’avvento dell’oltreuomo, Samira proclama la trasmutazione del pensiero bruniano e la sua rinascita come uomo nuovo. L’ambito percorso al quale pochi approdano.

Un libro per tutti e per nessuno… O voi che siete in piccioletta barca… verrebbe da dire collegando Niezsche a Dante. Ma è bene avvisare il lettore che La moschea di Samira non è un libro comune bensì un’opera colossale il cui intrinseco significato risulterà comprensibile solo a coloro che si saranno seduti al tavolo degli Angeli e che si saranno cibati del pane della conoscenza. I lettori sono, quindi, avvisati che staranno per vivere un’esperienza del tutto nuova. E la novità non sta nel viaggio in sé, ma in chi lo compie… L’acqua ch’io prendo già mai non si corse

Un’opera in cui l’indagine letteraria di Pierfranco Bruni approda a una visione autenticamente metafisica avvalendosi di una spiritualità che è vissuto misticismo. L’intreccio tra confessioni di fede diviene emozionante espressione di un ecumenismo esistenziale più che teologico.

E così Pilato, Giuda, la donna di Magdala, guidati dalla figura di Samira, si trasformano in simboli di verità universali comuni a tutte le religioni. Poiché la religione, l’amore e la filosofia diventano i mezzi che consentono di superare il confine limitante dell’orizzonte. Condizione necessaria per accedere all’ultimo grado di trasformazione. Quello dell’oltreuomo, dell’uomo nuovo che acquisirà la potenza di annullarsi come soggetto per divenire infinito.

Un’opera è destinata a rimanere immortale quando tratta temi che illuminano il pensare umano con la potenza creatrice di imprimere nuovi tracciati nelle epoche future. Quei tasselli fondanti della storia dell’umanità che costituiscono il senso del vivere stesso in un’ottica di evoluzione esistenziale.

La moschea di Samira è tutto questo. È lo stupefacente approdo di una mente non comune che oltre a nutrirsi del pane della conoscenza, interiorizzando i più raffinati strumenti della letteratura e della filosofia, si è fatto creatore di una nuova conoscenza che va oltre ogni visione conformata.

Un’opera unica della nostra contemporaneità letteraria destinata a traghettare Pierfranco Bruni nell’Olimpo dei grandi personaggi, non solo della letteratura, ma dell’intera umanità… nei secoli e nei secoli a venire.

 

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