Serena conduce operaclassica eco italiano

Comunicato stampa

Mercoledì 6 e giovedì 7 dicembre 2023 alle ore 20, in sala Mehta, il direttore principale Daniele Gatti sul podio

per il quinto e ultimo appuntamento del ciclo sinfonico «Beethoven – Honegger e l’Europa»

In cartellone le composizioni di Ludwig van Beethoven, di Arthur Honegger e di Claude Debussy

Solista, al pianoforte, Benedetto Lupo

Orchestra e Coro del Maggio Musicale fiorentino

Firenze, 4 dicembre 2023 – Ultima tappa al Maggio per il Ciclo Beethoven-Honegger e l’Europa, insieme al direttore principale Daniele Gatti che torna alla guida dell’Orchestra e del Coro del Maggio – sempre in doppia serata – in Sala Mehta il 6 e 7 dicembre alle ore 20. In cartellone il Concerto n. 1 in do maggiore op. 15 per pianoforte e orchestra di Ludwig van Beethoven; la rara Sinfonia n. 5 in re minore, conosciuta come Di tre Re di Arthur Honegger e il celebre trittico sinfonico per coro femminile e orchestra L 98, detto Nocturnes, di Claude Debussy. Al pianoforte – ad accompagnare il maestro Gatti – Benedetto Lupo, che torna al Maggio a distanza di oltre vent’anni dalla sua ultima esibizione, quando partecipò a un concerto con la direzione di Vladimir Jurowski, nel marzo del 2000.

Il maestro del Coro è Lorenzo Fratini.

Si chiude dunque il Ciclo dedicato a Ludwig van Beethoven, Arthur Honegger e l’Europa, che ha preso avvio alla fine del mese di settembre e ha proposto integralmente per la prima volta in Italia le cinque sinfonie di Arthur Honegger (delle quali sia la prima che la quarta mai eseguite prima d’ora a Firenze) accostandole

ai cinque concerti per pianoforte e orchestra di Ludwig van Beethoven e alle composizioni di alcuni fra i più importanti autori del XX secolo: Igor Stravinskij, Ottorino Respighi, John Ireland, Paul Hindemith e Claude Debussy.

“Ho desiderato comporre questo ciclo  – ha detto il maestro Gatti – con le 5 sinfonie di Honegger, con i 5 concerti per pianoforte e orchestra di Beethoven e cinque compositori di 5 scuole: la russa, l’italiana, l’inglese, la tedesca, e la francese senza tenere conto di un “filo rosso verticale” che rappresentasse un comun denominatore tra i programmi. Bensì ho tenuto conto e rispettato la cifra distintiva del Maggio e della sua proposta artistica e quindi ho pensato a un percorso che avesse invece una linea orizzontale: nulla accomuna Honegger a Beethoven, questo è chiaro, ma a fianco di una proposta di sinfonie rarissime  –  penso alla Prima, alla Quarta e la Quinta che anche io non ho mai diretto  – abbiamo desiderato offrire una sorta di “controbilanciamento” al pubblico eseguendo i cinque concerti per pianoforte di Beethoven  – che sono più familiari – con cinque solisti italiani. Per completare il programma abbiamo scelto le composizioni di cinque autori di scuole diverse, proponendo oltre a ben note composizioni come quella di Stravinskij (L’uccello di fuoco, suite) nel primo concerto, o Fontane di Roma di Respighi nel secondo appuntamento, altre meno eseguite; dunque nel terzo abbiamo eseguito un brano di John Ireland, compositore inglese del Novecento meno noto al pubblico al contrario di Britten o Elgar, nel quarto concerto abbiamo chiuso la serata con un brano virtuosistico, forte e potente di Hindemith, Konzertmusik per archi e ottoni; nell’ultimo concerto  quello dei prossimi 6 e 7 dicembre eseguiremo con l’Orchestra e il Coro, Claude Debussy, uno dei miei autori francesi prediletti.”

L’ultima tappa del Ciclo si apre dunque con il Concerto n. 1 in do maggiore op. 15 per pianoforte e orchestra di Ludwig van Beethoven: ultimato nel 1798 e pubblicato nel marzo del 1801 dall’editore viennese Mollo, fu dedicato ad una sua giovane allieva, Anna Luisa Barbara von Keglevich. Nonostante sia catalogato come n. 1, in realtà fu composto da Beethoven nel 1795 – anni dopo la scrittura del Secondo concerto per pianoforte e orchestra – avvenuta fra il 1787 e il 1789.

A fianco del maestro Gatti. Benedetto Lupo, che ha sottolineato la gioia di poter eseguire il pezzo con cui ebbe modo di debuttare ad appena 13 anni: “Come risaputo, il Concerto n. 1 in realtà non fu veramente il “primo” concerto per pianoforte e orchestra di Ludwig van Beethoven, perché all’epoca ne aveva già scritti due; fu però lo stesso autore a voler pubblicare il concerto in do maggiore come primo e a considerarlo in quel momento come il brano più affidabile per una sua definitiva affermazione come pianista virtuoso e compositore, tant’è che lo utilizzerà anche per altre esibizioni fuori Vienna. È un concerto che amo moltissimo, non solo perché è stato il primo concerto con cui ho debuttato a 13 anni, ma anche perché oggi più che mai percepisco con assoluta chiarezza il desiderio del giovane Beethoven di consolidare il suo successo, affermando senza indugi la sua enorme personalità ma partendo nel solco della migliore tradizione: questo mi sembra evidente sia nel primo tempo, dove accanto a un impianto assolutamente classico non mancano momenti d’inquietudine nello sviluppo; sia nella dolcezza del secondo tempo, la cui forma è già molto più complessa rispetto ai canoni dell’epoca e, per concludere, nell’umorismo dello splendido rondò, pieno di brio, di sorprendenti “turcherie” e di situazioni degne di un’opera buffa. Forse certe trovate del genio di Bonn potrebbero persino sembrare una captatio benevolentiae nei confronti del pubblico viennese di allora che notoriamente apprezzava l’opera buffa italiana. Esse però ci permettono di avvicinarci a un Beethoven talvolta meno presente nel nostro immaginario, catturando un frammento privo di quell’aria un po’ corrucciata presente a tratti in certe sue raffigurazioni, rendendoci l’immagine sonora di un giovane compositore energico e consapevole del suo gargantuesco talento; un talento magari per un attimo meno “metafisico” ma capace di giocare sin da subito alcune delle sue carte migliori, alternando instancabile vivacità ritmica a profondo lirismo e frizzante umorismo”.

Segue la Sinfonia n. 5 in re minore, detta anche Di tre Re,di Arthur Honegger: il nome lo si deve alla nota finale dei tre tempi di cui è costituita. Essa fu composta tra il settembre e il dicembre del 1950 e Honegger ne ricollega la nascita alle insonnie di cui soffriva. Egli scrisse numerosi abbozzi che, completati e uniti fra di loro, si sarebbero rivelati validi per la strumentazione come base di quella che è la sua ultima Sinfonia.

Chiudono la serata e il Ciclo i celeberrimi Nocturnes, trittico sinfonico per coro femminile e orchestra, di Claude Debussy: vennero composti tra il 1897 e il 1899 e si basano su poesie tratte dai Poèmes anciens et romanesques di Henri de Régnier. Parlando del suo lavoro e dei movimenti da cui è composto, l’autore stesso ebbe a dire: “[…] Non si tratta dunque della forma abituale del Notturno, ma di tutto ciò che la parola contiene di impressioni e di luci particolari. Nuages: è l’aspetto immutabile del cielo con la lenta e malinconica processione delle nuvole, che termina in una grigia agonia dolcemente tinta di bianco. Fétes: è il movimento, il ritmo danzante dell’atmosfera con bagliori di luce improvvisa, è anche l’episodio di un corteo che passa attraverso la festa e vi si confonde; ma il fondo rimane, ostinato, ed è sempre la festa con la sua mescolanza di musica, di polvere luminosa, che partecipa a un ritmo totale. Sirènes: è il mare e il suo ritmo innumerevole, poi, tra le onde argentate di luna, si ode, ride e passa il canto misterioso delle sirene”.

Il concerto:

Ludwig van Beethoven

Concerto n. 1 in do maggiore op. 15 per pianoforte e orchestra

Dopo essersi trasferito a Vienna, Beethoven si impose all’attenzione del pubblico della capitale nella doppia veste di pianista e compositore. Da qui l’esigenza di comporre lavori pianistici per uso personale che avrebbero arricchito il suo repertorio in vista delle esibizioni pubbliche. Il Concerto n. 1 in do maggiore op. 15 fu composto tra il 1795 e il 1798 ma, nonostante il numero d’opus, in realtà non è il primo della serie per pure ragioni editoriali (l’autore all’epoca aveva infatti già composto il Concerto in si bemolle, il n. 2, che sarà pubblicato solo in seguito come op. 19). Il modello dichiarato di quest’opera è il concerto di tradizione classica con un primo movimento di carattere festoso e militaresco, un movimento centrale improntato al lirismo e un ultimo movimento caratterizzato da elementi folcloristici. Tuttavia nel Concerto in do maggiore sono già presenti alcuni tratti caratteristici dello stile beethoveniano riscontrabili nelle figurazioni ritmiche energiche e nei temi dal taglio netto e ben tornito dell’Allegro, nelle ampie volute melodiche e nelle modulazioni improvvise del Largo, così come nella robusta vitalità dei ritmi di danza popolare che animano il Rondò finale.

Arthur Honegger

Sinfonia n. 5 in re minore, Di tre Re 

La Sinfonia n. 5 di Honegger, realizzata nell’autunno del 1950, nacque in un periodo particolarmente difficile per il compositore. Due anni prima si era manifestata in tutta la sua gravità la patologia cardiaca che lo avrebbe portato alla morte nel 1955. Fiaccato nel corpo e nello spirito, Honegger era afflitto in quel periodo da insonnie continue e lugubri pensieri. Quelle «idées noires”, da lui così definite, avrebbero preso forma sul pentagramma alla stregua di abbozzi che sarebbero stati utilizzati in seguito come materiale per la sua ultima Sinfonia, la Quinta. La commissione dell’opera era giunta ancora una volta dall’amico e direttore Serge Koussevitzky (già ispiratore vent’anni prima della Sinfonia n.1 ) che aveva richiesto a Honegger una sinfonia da eseguire in memoria della moglie Nathalie. A dirigerne la prima esecuzione, il 9 marzo 1951, fu Charles Munch, succeduto nel frattempo a Koussevitzky nella carica di direttore musicale della Boston Symphony Orchestra. La Sinfonia n. 5 di Honegger, legata a doppio filo alla sua condizione esistenziale e dunque segnata da un carattere particolarmente drammatico, è nota per il curioso sottotitolo “Sinfonia di tre Re”. Come tenne a precisare l’autore , il sottotitolo non si riferiva a tre sovrani o ai tre magi ma più semplicemente alla nota re che viene ripetuta alla fine dei movimenti. Il primo tempo, Grave, si apre in fortissimo con un maestoso corale il cui disegno caratterizza l’intero movimento. Il secondo tempo, che insolitamente presenta la forma dello Scherzo, si divide tra una sezione principale giocosa e piuttosto movimentata e una sezione in Adagio di tono cupo, dominata dal timbro di violoncelli e ottoni. Il finale si apre con una pulsazione a note ribattute delle trombe ripresa subito dagli archi. Ne segue un discorso musicale veemente che ricorda il motorismo delle composizioni giovanili di Honegger e che, alla stregua di un moto perpetuo, prosegue imperterrito fino alla fine dove si spegne nei tre re di violoncelli e contrabbassi sussurrati in pianissimo.

Claude Debussy

Nocturnes,trittico sinfonico per coro femminile e orchestra L 98

Nel 1892 Debussy pensò di realizzare una composizione articolata in tre brani per violino e orchestra dal titolo Trois scènes au crepuscule. Il progetto però non fu portato a compimento e il materiale musicale già composto venne impiegato in un’altra partitura nata tra il 1897 e 1899: Nocturnes, trittico sinfonico per coro femminile e orchestra. A dispetto delle sue abitudini, fu lo stesso Debussy a chiarire il senso del titolo in un testo di presentazione: “Non si tratta della forma abituale del Notturno”, disse, “ma di tutto ciò che la parola contiene di impressioni e di luci particolari.” Una musica che vive non solo nella dimensione del tempo ma anche nell’evocazione dello spazio, dove i frammenti tematici sono sottratti alle leggi della dialettica ma trattati piuttosto come macchie sonore. Così in Nuages, il primo dei brani, non vi è traccia di un percorso che segua una logica discorsiva. Il tema principale affidato al corno inglese, su un morbido tappeto d’accompagnamento di clarinetti e fagotti, non conosce sviluppo e suggerisce un trascolorare infinito proprio come il passaggio delle nuvole. In Fètes la musica ha un cambio di marcia: il ritmo si fa incalzante e il discorso assume l’aspetto di un flusso con continui mutamenti di direzione. Nell’ultimo brano che chiude il trittico, Sirènes, i vocalizzi del coro femminile evocano invece l’antico e seducente canto delle sirene su un accompagnamento orchestrale fluttuante e mutevole.

La locandina:

LUDWIG VAN BEETHOVEN

Concerto n. 1 in do maggiore op. 73 per pianoforte e orchestra

Allegro con brio / Largo / Rondò: Allegro scherzando

ARTHUR HONEGGER

Sinfonia n. 5 Di tre re H. 202

Grave / Allegretto. Adagio. Allegretto. Adagio. Allegretto / Allegro marcato

CLAUDE DEBUSSY

Nocturnes per coro femminile e orchestra

Nuages / Fêtes / Sirènes (con coro femminile)

Direttore Daniele Gatti
Pianoforte Benedetto Lupo

Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino 

Maestro del Coro Lorenzo Fratini

Prezzi:

Settore D: 20€; Settore C: 35€; Settore B: 50€; Settore A: 70€

“Ho desiderato comporre questo ciclo  – ha detto il maestro Gatti – con le 5 sinfonie di Honegger, con i 5 concerti per pianoforte e orchestra di Beethoven e cinque compositori di 5 scuole: la russa, l’italiana, l’inglese, la tedesca, e la francese senza tenere conto di un “filo rosso verticale” che rappresentasse un comun denominatore tra i programmi. Bensì ho tenuto conto e rispettato la cifra distintiva del Maggio e della sua proposta artistica e quindi ho pensato a un percorso che avesse invece una linea orizzontale: nulla accomuna Honegger a Beethoven, questo è chiaro, ma a fianco di una proposta di sinfonie rarissime  –  penso alla Prima, alla Quarta e la Quinta che anche io non ho mai diretto  – abbiamo pensato a offrire una sorta di “controbilanciamento” al pubblico eseguendo i cinque concerti per pianoforte di Beethoven  – che sono più familiari – con cinque solisti italiani. Per completare il programma abbiamo scelto le composizioni di cinque autori di scuole diverse, proponendo oltre a ben note composizioni come quella di Stravinskij (L’uccello di fuoco, suite) nel primo concerto, o Fontane di Roma di Respighi nel secondo appuntamento, altre meno eseguite; dunque nel terzo eseguiremo un brano di John Ireland, compositore inglese del Novecento meno noto al pubblico al contrario di Britten o Elgar, nel quarto concerto chiuderemo la serata con un brano virtuosistico, forte e potente di Hindemith, Konzertmusik per archi e ottoni; nell’ultimo concerto  del 6 e 7 dicembre ci sarà Debussy, uno dei miei autori francesi prediletti. Sono curioso di vedere la reazione del pubblico e sono confidente che sarà apprezzata perché è in linea con la storia più autentica della nostra istituzione.”

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