PESARO CAPITALE DELLA CULTURA,
TERMINALE DI IN RICCO PERCORSO STORICO
di Giorgio Girelli *
“Dove regna oziosità, ed ignoranza, non vi può essere buon costume. Vorrei dunque che l’entrata che si ricaverà dai miei beni servisse a rendere i miei Cittadini culti, ed operosi”. Questo l’intendimento espresso nel 1756 a sostegno della cultura da Annibale Degli Abbati, studioso pesarese insigne e prodigo mecenate, nel disporre che tutta la sua imponente biblioteca, assieme alle collezioni archeologiche venissero donate alla comunità pesarese che tuttora ne fruisce attraverso la Biblioteca ed il Museo Oliveriani. Quest’ultimo è articolato in quattro sezioni prima delle quali la Necropoli Picena di Novilara, uno dei più importanti centri dell’età del ferro. Peraltro non ancora sufficientemente indagato.
Nel testamento del 1858 Gioachino Rossini aveva disposto: «Quale erede della proprietà nomino il comune di Pesaro, mia patria, per fondare e dotare un Liceo Musicale in quella città». La scuola musicale così fondata a Pesaro offriva
ampia apertura e concreta disponibilità anche sul fronte degli allievi. Il fine del Liceo infatti era di “impartire gratuitamente ad italiani e stranieri l’insegnamento teorico-pratico della musica e specialmente della composizione e del canto”. Inoltre “per concorrere al mantenimento dei poveri agli studi, per procurare l’istruzione e l’avviamento alla professione od arte musicale”, il liceo concedeva “agli alunni bisognosi italiani dei sussidi”. Innovazioni e lungimiranza straordinarie per quei tempi.
Si consideri che nel 1869 all’istruzione musicale e drammatica andava il 2,6 per cento ( 250 mila lire) del totale della spesa ministeriale, all’istruzione universitaria e terziaria il 35,02 per cento (5 milioni e mezzo), all’istruzione secondaria il 25,85 per cento e all’istruzione elementare nonché magistrale il 16,62 per cento. È poi significativo che nelle relazioni parlamentari o ministeriali coeve, mentre vengono offerti dati sul numero degli studenti iscritti ai vari ordini di scuola, manca ogni riferimento utile ai conservatori. Se grazie a Rossini nacque il Liceo Musicale, dentro ed attorno all’Istituto lievitarono istruzione e cultura. Emersero grandi docenti, artisti famosi, prestigiosi intellettuali. Vennero attivati nel tempo contatti tra culture diverse, come l’incontro a Pesaro tra studiosi russi ed italiani negli anni settanta. Le vicende storiche portarono al trasferimento allo Stato del Liceo musicale e alla connessa gemmazione, nel 1940, della Fondazione Rossini che doveva essere, secondo il suo impianto giuridico, un semplice organismo di supporto logistico del conservatorio. Menti illuminate ne utilizzarono la struttura per dare corso alle edizioni critiche delle opere di Rossini. Emerse di fatto un centro autorevole di studi musicologici.
Successivamente ci fu chi ebbe l’intuizione di far rivivere sulla scena quelle opere e sorse (1980) il Rossini Opera Festival: altra entità di cultura, di sperimentazione, di spettacolo vivacizzata dalle migliori energie artistiche e intellettuali del momento e dal consenso entusiasta e crescente di cultori e spettatori di tutto il mondo.
Il protagonista di questo straordinario evento, Gianfranco Mariotti, ha l’amabilità di ripetere che nulla di tutto ciò sarebbe avvenuto se non ci fosse stato il conservatorio “Rossini”, madre di tutte le istituzioni musicali pesaresi.
Quelli richiamati sono esempi di protagonisti e promotori della cultura pesarese, che comunque ha radici assai remote. Citando a caso, il poeta e drammaturgo romano, Lucio Accio, pesarese, nato nel 170 a.c. fu uno dei più prolifici tragediografi della letteratura latina. Nei primi anni dell’Ottocento Giulio Perticari fondò un celebre cenacolo letterario che attirò a Pesaro i più grandi ingegni dell’epoca fra cui il suocero Vincenzo Monti (aveva sposato la figlia Costanza), Rossini, Leopardi, Antaldi, Petrucci, Giordani, Stendhal. L’atmosfera culturale che vi si respirava rese Pesaro un polo culturale d’eccellenza, al punto da esser definito «l’Atene delle Marche».
Terenzio Mamiani, anch’egli pesarese, è stato filosofo, scrittore e patriota italiano nonché primo ministro della Istruzione dell’Italia unita. Dal 31 ottobre 2017, poi, Pesaro è riconosciuta, su disposizione dell’UNESCO, “Città Creativa della Musica”. Un risultato ottenuto perché la musica è il “piatto forte” della convivenza antica di arte, cultura, storia. Ne è dimostrazione il rinvenimento all’interno dell’archivio della famiglia Albani, conservato presso Villa Imperiale di Pesaro, di almeno 23 volumi dedicati al liuto e di ulteriori manoscritti tutti contenenti musica inedita anche per altri strumenti, quali il clavicembalo e la viola da gamba. Si tratta di una scoperta di enorme rilevanza per la storia musicale d’Occidente, poiché – riferisce Le Salon Musical – il corpus albaniano va a porsi a pieno diritto come la collezione privata più importante al mondo. La raccolta Albani presenta un’essenza unica, andando a coprire in maniera compatta e altamente dimostrativa un periodo – fra il 1590 e il 1640 circa – che è cruciale per la storia del liuto.
La collezione recentemente rinvenuta – e per la cui digitalizzazione si è molto impegnato il compianto Clemente Castelbarco Albani – si aggiunge alla già straordinaria presenza nella Biblioteca Oliveriana del manoscritto noto come “Codice a cuore”, che contiene alcune delle più antiche intavolature conservate, risalenti agli ultimi anni del secolo XV. Altri tre manoscritti, databili alla prima metà del XVII secolo e dedicati al repertorio del liuto, sono custoditi presso la biblioteca del Conservatorio “G. Rossini”. E tutto ciò ci porta a non dimenticare Ottaviano Petrucci, nato nel 1466 a Fossombrone, un fiorente centro a pochi chilometri da Pesaro. Fu l’inventore della stampa a caratteri mobili degli spartiti musicali e per questo detto anche il “Gutemberg della musica”. Nel 1501 uscì la sua prima pubblicazione Harmonice Musices Odhecaton, un libro di 96 chanson che è il più antico esempio di musica polifonica stampata.
Se dunque per cultura si intende “Quanto concorre alla formazione dell’individuo sul piano intellettuale e morale e all’acquisizione della consapevolezza del ruolo che gli compete nella società” (Oxford languages), ad essa va riconosciuto il ruolo di effettivo motore di avanzamento della comunità. Eppure c’è chi ha accostato alla cultura affermazioni e valutazioni sciagurate. «Quando sento la parola cultura, tolgo la sicura alla mia Browning», questo lo slogan di Baldur von Schirach, capo della Hitler-Jugend. In tempi più vicini a noi abbiamo udito un ministro sentenziare: “Con la cultura non si mangia”. E pochi mesi fa un magistrato ha mandato assolto un extracomunitario reo di maltrattamenti alla moglie perché “ nella sua cultura” ciò era normale. Così tralasciando, incredibilmente, che nel territorio nazionale vigono le leggi italiane che i magistrati sono tenuti ad applicare. E confondendo pure cultura con un fattore ben diverso, la mentalità, che spesso è assai dura a morire e rinnovarsi, e che secondo il grande Braudel è il vero specchio della evoluzione della storia. Le mentalità, secondo il famoso storico, sono le lunghe forze della storia, quelle che veramente incidono sulla vita degli uomini, mentre gli “accadimenti” (cui solamente prestiamo più attenzione) la scalfiscono soltanto.
Si intuisce pertanto che la proclamazione di “Pesaro capitale della cultura 2024” poggia su un vasto e ricco background, che consente alla città di guardare avanti basando la sua candidatura, prevalsa su ben agguerrite concorrenti, sul proposito di indagare la “natura della cultura” . Ma tale indagine presuppone che una cultura ci sia. E appunto su questo Pesaro ed il suo territorio, con cui il Comune ha opportunamente condiviso aspirazione e gloria, hanno un solido tessuto di decollo.
L’allora ministro della Cultura Dario Franceschini ha così potuto dare lettura, nel marzo 2022, delle motivazioni che hanno portato la città di Rossini alla vittoria :«Pesaro offre al Paese un’eccellente candidatura basata su un progetto culturale che, valorizzando un territorio già straordinariamente ricco di testimonianze storiche e preziosità paesaggistiche ambientali, propone azioni concrete attraverso le quali favorire anche l’integrazione, innovazione, sviluppo socio economico. Lo sforzo di coinvolgimento delle giovani generazioni in un programma impegnativo appare particolarmente interessante. La valorizzazione del rapporto tra città e territorio, con un programma esteso in modo articolato a tutti i Comuni della provincia, rende corale il riconoscimento della Capitale della Cultura».
Pesaro 2024 è allora un viaggio condiviso – chiarisce il Comune di Pesaro – per indagare un tema che esprime la volontà di esplorare tutte le interazioni tra arte, natura e tecnologia. Un’indagine per immaginare con i cittadini – artisti, professionisti, abitanti, associazioni, turisti e portatori di interesse – la città che ancora non c’è grazie a un’operazione collettiva di condivisione di desideri per costruire, proprio grazie alla cultura, la dimensione che sentiamo mancante.
La forza della visione collettiva è servita, come puntualizza l’Ufficio stampa comunale, per declinare la natura mobile, ubiqua, imprevedibile, operosa e vivente della cultura in 5 linee tematiche articolate nel programma di “Pesaro 2024 – Capitale italiana della cultura”, composto da ben 45 progetti, che chiama in causa anche i 50 comuni della provincia dall’Appennino all’Adriatico: LA NATURA UBIQUA DELLA CULTURA (Attraverso i progetti culturali, Pesaro 2024 cerca di riconfigurare la relazione tra le aree interne di tutto il territorio provinciale e la linea di costa, il centro e la periferia.); LA NATURA IMPREVEDIBILE DELLA CULTURA (Un lungo viaggio tra arte e memoria, cercando di ri-attualizzare spazi caduti nell’oblio della storia, re-interpretati dagli occhi sapienti degli artisti); LA NATURA OPEROSA DELLA CULTURA (I progetti di Pesaro 2024 soprattutto esplorano le relazioni inedite tra ambiti disciplinari differenti); LA NATURA VIVENTE DELLA CULTURA (Pesaro 2024 esplora la dimensione di un nuovo rapporto tra l’umano e il resto del vivente, che vuole diffondere una coscienza ecologica diffusa e sentita); LA NATURA MOBILE DELLA CULTURA (Per indagare la distanza e il senso di prossimità Pesaro 2024 propone progetti che tramite la mobilità sostenibile, persegue una nuova visione: il massimo dell’esperienza con il minimo spostamento). Questi sono gli obiettivi incardinati su tre concetti – arte, natura e tecnologia – che esprimono tre modalità di conoscenza del mondo, sempre di più intrecciate nell’era dell’Antropocene. Con i referenti di competenza il sindaco Matteo Ricci, il vicesindaco e assessore alla cultura Daniele Vimini, il presidente della Fondazione Rossini Gianni Letta, ed altre personalità, si sono proficuamente impegnati nel darne convincente illustrazione.
*Presidente emerito del conservatorio Rossini
Nelle foto:
- Il sindaco di Pesaro Matteo Ricci ed il vice sindaco Daniele Vimini.
- Il presidente della Fondazione Rossini Gianni Letta ed il presidente emerito del conservatorio Rossini Giorgio Girelli.