Serena conduce operaclassica eco italiano

PROCLAMATI I VINCITORI

DEL PREMIO SCRIVERE D’OPERA“ELENA FORMICA”

V EDIZIONE

Elena Mora e Annamaria Melfa del Liceo Classico “Gian Domenico Romagnosi”,

Sofia Quintavalla e Irene Elena Pocaterra del Liceo Linguistico “Guglielmo Marconi”

sono i vincitori del concorso di scrittura critica rivolto a studenti delle scuole secondarie di II grado di Parma e Provincia, realizzato dal Teatro Regio di Parma,

in collaborazione con Gazzetta di Parma, con il patrocinio di Associazione Nazionale dei Critici Musicali e Associazione Nazionale dei Critici di Teatro.

È giunto a compimento con la consegna ai vincitori del Premio Scrivere d’Opera “Elena Formica” il percorso formativo degli oltre 180 studenti e insegnanti che hanno preso parte alla V edizione del workshop gratuito di scrittura critica Scrivere d’Operarealizzato dal Teatro Regio di Parma in collaborazione con Gazzetta di Parma, con il patrocinio di Associazione Nazionale dei Critici Musicali e Associazione Nazionale dei Critici di Teatro.

Nel corso della Cerimonia che si è svolta mercoledì 8 maggio al Ridotto del Teatro Regio di Parma è stato assegnato il I Premio a Elena Mora (Liceo Classico “Gian Domenico Romagnosi”), che ha ricevuto 12 biglietti-invito per la Stagione Lirica, ParmaDanza e RegioYoung 2025; il II Premio aSofia Quintavalla (Liceo Linguistico “Guglielmo Marconi”) che vince 6 biglietti-invito; il III Premio ex aequo aIrene Elena Pocaterra (Liceo Linguistico “Guglielmo Marconi”) e Annamaria Melfa (Liceo Classico “Gian Domenico Romagnosi”) che ricevono 4 biglietti-invito. Tutti i vincitori hanno inoltre ricevuto in premio il volume Regio People Il pubblico e l’abbonamento digitale semestrale a Gazzetta di Parma.

I finalisti Davide Braghiroli (Liceo Classico “Gian Domenico Romagnosi”), Gaia Guatelli e Noemi Trombetta (Liceo Linguistico “Guglielmo Marconi”), Arianna Gueli (Liceo Linguistico “Gian Domenico Romagnosi”), Elisa Picello e Viola Fernandez (Liceo Classico Europeo “Maria Luigia”) hanno ricevuto 2 biglietti-invito.

La cerimonia di premiazione, presentata da Mara Pedrabissi, ha visto la partecipazione di Alessio Vlad, Direttore artistico del Teatro Regio, Claudio Rinaldi, Direttore della Gazzetta di Parma, Alessandro Cafiero, e dei curatori del workshop Angelo Foletto, Valeria Ottolenghi.

LA GIURIA

Dedicato a Elena Formica, giornalista della Gazzetta di Parma prematuramente scomparsa, il concorso rappresenta il momento conclusivo di Scrivere d’Opera, in occasione del quale ciascun partecipante ha dovuto cimentarsi nella scrittura di una recensione su L’elisir d’amore di Gaetano Donizetti, in scena per la stagione lirica 2024 del Teatro Regio di Parma, dando prova delle proprie capacità di analisi e argomentazione. Le recensioni ricevute sono state selezionate e valutate da una giuria composta da Luciano Messi (Sovrintendente del Teatro Regio di Parma), Claudio Rinaldi (Direttore Gazzetta di Parma), Andrea Estero (Presidente ANCM, Direttore di Classic Voice), Alessandro Cafiero, Gian Paolo Minardi (Gazzetta di Parma), Mara Pedrabissi (Gazzetta di Parma), Vittorio Testa (Gazzetta di Parma), Roberta Pedrotti (apemusicale.it), Alberto Mattioli (La stampa, Il Secolo XIX), Pierachille Dolfini (Avvenire, pierachilledolfini.it), Alessandro Rigolli (giornaledellamusica.it) Giulio Baffi (Presidente ANCT, la Repubblica), Enrico Marcotti (Libertà) e dai curatori del workshop Angelo Foletto (Presidente del Premio Franco Abbiati della critica musicale italiana, la Repubblica ), Carla Moreni (Domenica del Sole24ore), Valeria Ottolenghi (Relazioni esterne ANCM, Gazzetta di Parma).

GLI OBIETTIVI DI SCRIVERE D’OPERA

Sviluppare senso critico, e avvicinare un pubblico giovane all’opera stimolando un ascolto consapevole e uno sguardo autonomo sull’arte e sulla realtà sono gli obiettivi di Scrivere d’Opera. Attraverso incontri finalizzati a fornire gli strumenti necessari per la comprensione di una forma di spettacolo dal vivo così complessa, ascolti e proiezioni comparate, incontri con il cast e il team creativo dell’opera, il workshop si è incentrato sullo studio e l’analisi de L’elisir d’amore di Gaetano Donizetti, nuova produzione della Stagione Lirica 2024 del Teatro Regio.

Il workshop proposto è stato riconosciuto quale percorso per le competenze trasversali e per l’orientamento degli studenti e di formazione continua per gli insegnanti, per complessive 45 ore. Gli studenti e gli insegnanti sono stati impegnati in 12 incontri – dal 27 novembre 2023 al 18 marzo 2024 – e hanno potuto entrare nel vivo del processo di produzione di Elisir d’amore grazie a una visita guidata nei luoghi del Teatro Regio, in particolare del palcoscenico e della sartoria, con la partecipazione di sarti e scenografi realizzatori, e hanno potuto incontrare gli artisti del cast e assistere alle prove aperte dell’opera.

LE SCUOLE PARTECIPANTI

Sono state oltre 200 le richieste di partecipazione a Scrivere d’Opera. Al pieno della capienza massima del Ridotto che ha ospitato gli incontri, il Teatro Regio ha potuto accogliere 173 studenti e 12 insegnanti provenienti da 6 scuole secondarie di II grado di Parma: Liceo Musicale “Attilio Bertolucci”, Liceo Linguistico “Guglielmo Marconi”, Liceo Classico e Linguistico “Gian Domenico Romagnosi”, Liceo Artistico Statale “Paolo Toschi” (indirizzi scenografia e teatro), Liceo Classico Europeo Convitto Nazionale “Maria Luigia”.

ALCUNE IMPRESSIONI

… è stato molto interessante scoprire cose nuove che non conoscevo. È stata anche la mia prima volta a teatro per vedere l’opera ed è stato sorprendentemente molto bello, così come incontrare diversi professionisti.

… Bello il fatto che ci sono tante scuole insieme perché si ha la possibilità di conoscere nuove persone.

Questo corso mi è piaciuto perché è risultato interessante e formativo. Era un mondo che non conoscevo molto e che ho imparato ad apprezzare di più.

È stato bello, a volte faticoso, ma mi ha insegnato come interpretare correttamente un’opera da tutti i punti di vista.

Penso che sia molto stimolante e utile per avvicinare e interessare all’opera lirica, forma teatrale apparentemente così lontana da noi, che però ha così tanto da dare e comunicare.

Penso sia organizzato molto bene questo corso e ho imparato cose nuove molto interessanti. Ho adorato le lezioni con gli artisti, specialmente quella con il regista. È stato divertente confrontarmi con altre scuole e ho anche legato di più con la mia classe grazie ai vari compiti/lavori assegnati. La cosa più bella è stata la serata dello spettacolo.

È stato un percorso molto bello e piacevole, mi mancherà tantissimo. È stata l’occasione anche per legare di più con i miei compagni di classe e ci siamo divertiti molto.

Questo corso mi è piaciuto molto perché mi ha avvicinato a una forma d’arte che ritenevo erroneamente molto lontana da me. Lo consiglierei assolutamente per l’anno prossimo.

Inizialmente pensavo che sarebbe stato adatto solo ai più esperti, ma alla fine è stato in grado di catturare l’attenzione e istruire anche i meno esperti.

Consiglierei questo corso perché credo insegni a guardare le cose in maniera diversa oltre che a prestare attenzione ai dettagli. Questo corso permette di sviluppare un pensiero critico su qualcosa di cui non si parla molto tra i giovani, come l’opera. Inoltre favorisce conoscenze musicali e artistiche.

Per gli alunni è un’occasione unica per avvicinarsi all’opera, incontro non facile per ragazzi di 16-17 anni, e per avvicinarsi al teatro e alla musica, per capire l’importanza dell’attenzione ai particolari e per esercitare la loro scarsa capacità di concentrazione. A questo si aggiunge la possibilità di partecipare ad una serata a teatro in cui ci sono tanti altri giovani della loro età che risulta un bell’incontro extra scolastico, in un luogo elegante come il Regio che invoglia ad indossare “il costume” migliore.

PARTNER E SPONSOR

La Stagione del Teatro Regio di Parma è realizzata grazie al contributo di Comune di Parma, Ministero della Cultura, Reggio Parma Festival, Regione Emilia-Romagna. Major partner Fondazione Cariparma. Main partner Chiesi. Main sponsor Iren, Barilla. Partner Crédit Agricole. Sponsor GloveICT, Drill Pac, CePIM, Grasselli, Parmalat, GHC, Poliambulatorio Dalla Rosa Prati, Metronotte, Parmacotto, Amoretti. Con il contributo di Ascom Confcommercio Parma Fondazione, Ascom Parma Confcommercio, Camera di Commercio Parma, Fondazione Monteparma. Legal counselling Villa&Partners. Con il supporto di “Parma, io ci sto!”. Partner artistici Conservatorio “Arrigo Boito”, Coro del Teatro Regio di Parma. Partner istituzionali La Toscanini, Fondazione Teatro Comunale di Bologna. La Stagione Concertistica è realizzata da Società dei Concerti di Parma, con il sostegno di Chiesi, in collaborazione con Casa della Musica. Wine partner Oinoe. Fair Play Partner Zebre Radio Ufficiale Radio Monte Carlo.Sostenitori tecnici De Simoni, Teamwork, Graphital. Il Teatro Regio di Parma aderisce a Fedora, Opera Europa, Operavision, Emilia taste, nature, culture, Italiafestival.

Parma, 8 Maggio 2024

Paolo Maier

Responsabile Comunicazione istituzionale, Ufficio stampa, Archivio

Teatro Regio di Parma

strada Garibaldi 16/A, 43121 Parma – Italia

Tel. +39 0521 203969 

p.maier@teatroregioparma.it 

stampa@teatroregioparma.it

www.teatroregioparma.it

f_logo
Immagine
youtube

   

LE RECENSIONI VINCITRICI E LE MOTIVAZIONI

Elena Mora

1B  Liceo Classico “Gian Domenico Romagnosi”

I CLASSIFICATA

Fili spezzati

Nemorino scende dal palco e getta un’ultima occhiata all’universo meraviglioso che ha palpitato per due ore sulla scena. Abbraccia con lo sguardo il piccolo mondo che lui stesso ha intagliato nel legno, quando credeva che la finzione fosse la panacea di ogni male. Ora che stringe la mano di Adina – vera, viva, finalmente sua – tutto il resto gli pare vano. Mentre Dulcamara si gode l’improbabile trionfo e catalizza l’attenzione degli spettatori, i due s’allontanano indisturbati attraverso la platea. L’ombra della mano gigantesca che incombeva su di loro non li raggiunge più. Nemorino ha reciso il legame che lo incatenava alla sua immaginazione.

Ha riscoperto la realtà.

Nel nuovo allestimento del Teatro Regio di Parma, in coproduzione col Teatro Regio di Torino, la geniale regia di Daniele Menghini mette in scena un Elisir d’amore dalle surreali atmosfere collodiane. Basta un mutamento di prospettiva ed ecco che Dulcamara si trasforma in Mangiafuoco, burattinaio che muove inconsapevolmente i fili della storia. Roberto de Candia, vero mattatore della scena, interpreta magistralmente il ruolo di deus ex machina, messo in risalto dalle luci polverose di Gianni Bertoli e dalle vertiginose scenografie di Davide Signorini. Membra umane sospese a mezz’aria, una lieve pioggia di trucioli, il nudo legno delle impalcature: questo vortice onirico ci trascina violentemente nella fantasia di Nemorino, moderno antieroe dilaniato da tensioni contrastanti.

Galeano Salas s’accolla questo personaggio così complesso, col rischio di venirne soffocato. I burattini dei Ferrari e l’ottimo coro preparato dal Maestro Faggiani amplificano il girotondo metateatrale; la regia semina la scena di dettagli e racconti secondari, elementi di disturbo che rappresentano il disorientamento del protagonista. Nemorino perde di vista l’amore per Adina, che da centro gravitazionale del suo universo di legno si riduce a mera nota a margine. Riuscirà a guardarsi dentro soltanto con Una furtiva lagrima, culmine emotivo dell’intera opera.

La vena drammatica che pervade lo spettacolo è sapientemente alternata a scene di grande comicità, ben enfatizzate dalla colorata direzione di Sesto Quatrini, che guida l’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna in un fragile equilibrio ritmico col palcoscenico. Lodovico Filippo Ravizza ci regala alcuni dei momenti più riusciti dell’opera, con la sua sorprendente interpretazione di Belcore.

Nina Minasyan si rivela un’Adina troppo convenzionale per questa regia visionaria: di fronte a un Nemorino sprofondato nelle proprie allucinazioni, la ragazza viziata e capricciosa non ha più senso. Dovrà invece diventare la chiave perché il protagonista spezzi i fili, scenda dal palco e scelga la vita.

Una recensione davvero perfetta, in grado di dire tanto anche attraverso l’accurata scelta delle parole, all’interno di un quadro interpretativo di notevole complessità, al centro la dialettica tra vero/falso per Nemorino che, stringendo la mano di Adina, “vera, viva, finalmente sua”, riscopre la realtà. E non manca l’aspetto descrittivo: “membra umane sospese a mezz’aria, una lieve pioggia di trucioli, il nudo legno delle impalcature” a cui si affiancano elementi evocativi, come per quel “vortice onirico” che trascina violentemente il pubblico nel mondo fantastico di Nemorino. Commoventi ma con rigore le ultime righe con quei fili spezzati: oltre la scena la scelta della vita, insieme, lui e lei. Il teatro ha bisogno di intelligenze e sensibilità critiche di questo livello.

Sofia Quintavalla

3I  Cambridge Liceo Linguistico “Guglielmo Marconi”

II CLASSIFICATA

Chi siamo realmente? Un Elisir che fa riflettere

Quando, nel 1832, il sipario si alzò, per la prima volta, su L’Elisir d’Amore, nessuno avrebbe immaginato che, quasi due secoli dopo, una reinterpretazione audace avrebbe rivoluzionato l’opera intrecciando alla sua celeberrima trama la tradizione locale parmense dei burattini della famiglia Ferrari e il fascino, intramontabile, della fiaba di Pinocchio.

È infatti in scena, dal 10 marzo 2024, al Teatro Regio di Parma, nel cuore della città, il melodramma giocoso di Donizetti su libretto di Felice Romani, in un nuovo e originale allestimento, in coproduzione con il Teatro Regio di Torino, che omaggia il 110° anniversario del burattino parmigiano Bargnocla popolando il palcoscenico di marionette, burattini e pupi siciliani.

Il regista, Daniele Menghini, trasferisce l’ambientazione dalle classiche campagne basche a una falegnameria, in cui Nemorino, l’unica figura umana in mezzo alla variegata moltitudine di burattini e performers, abbigliati con sontuosi costumi settecenteschi, si rifugia. Egli, simile a Pinocchio nell’incapacità di comprendere la vita, non riesce a confrontarsi con il sentimento d’amore, così intenso e delicato, e decide, pertanto, di costruirsi un suo mondo ideale. Nelle sue vesti incanta il tenore Gillen Munguía, che “dà vita” ad Adina, interpretata dalla voce squillante e piena di passione del soprano Nina Minasyan. Sul palco spicca il carisma del soldato Belcore: l’eccezionale baritono e ammirevole interprete Lodovico Filippo Barizza. L’allegra cavatina del basso buffo Roberto de Candia introduce un Dulcamara a metà tra Mangiafuoco e il burattino Bargnocla, riccamente agghindato e sempre brillante.

Ai classici personaggi, il regista Menghini, aiutato dalla costumista Nika Campisi, aggiunge numerose figure evocative della fiaba collodiana: il brulicare di tanti personaggi rende la narrazione intricata ma, nonostante ciò, la leggerezza e la piacevolezza dell’opera prevalgono grazie agli interpreti, al Coro del Teatro Regio di Parma diretto da Martino Faggiani e all’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, diretta da Sesto Quatrini.

L’attesa trepidante di Una furtiva lagrima, che simboleggia l’emancipazione di Nemorino dai fili che lo tengono prigioniero come un burattino “inadatto alla vita”, è ricompensata dall’acuto trascinante ed esplosivo di Munguía: il culmine di una serata indimenticabile.

Ancora una volta, nel tempio parmigiano della lirica si combinano, sapientemente, tradizione e innovazione in un esempio di “opera dentro l’opera” che fa riflettere ogni spettatore: chi siamo realmente? Non siamo tutti un po’ Nemorino o Pinocchio? O forse Dulcamara-Bargnocla?

Qui si parla – e motivatamente – di “interpretazione audace” per l’intrecciarsi, nella messa in scena di Daniele Menghini, dell’opera originaria con i burattini della famiglia Ferrari e della storia di Pinocchio. Efficace la similitudine tra Nemorino e il protagonista collodiano, entrambi incapaci di comprendere la vita: arduo affrontare il sentimento d’amore, meglio rifugiarsi “in un mondo ideale”. E “il brulicare di tanti personaggi” rende sì la situazione intricata, ma lasciando prevalere “la leggerezza e la piacevolezza dell’opera”. E si riconosce l’attesa che si fa “trepidante” per Una furtiva lagrima che segna “l’emancipazione di Nemorino dai fili che lo tengono prigioniero”, libero, autonomo, capace di farsi amare. Con quesito finale: anche noi ci sentiamo a volte un po’ Nemorino? Magari con il desiderio di rifugiarci in un mondo tutto nostro?

Irene Elena Pocaterra

3I Cambridge Liceo Linguistico “Guglielmo Marconi”

III CLASSIFICATA

Pinocchio nell’Elisir: una rielaborazione strabiliante al Teatro Regio di Parma.

In sole due ore, al Teatro Regio di Parma, in coproduzione con il Teatro Regio di Torino, è possibile assistere alla rielaborazione originale, attualizzata e ringiovanita dell’opera “Elisir d’amore” di Donizetti, per la regia di Daniele Menghini.

Lo spettacolo ruota attorno alla figura di Nemorino nei panni di un giovane falegname che non riesce a trovare il suo posto nel mondo e decide di fabbricarsene uno, secondo i suoi desideri e le sue fantasie, fatto di marionette e burattini. Improvvisamente i burattini e le marionette prendono vita e Nemorino si ritrova sempre più immerso in questo nuovo mondo tanto da trasformarsi da Geppetto in Pinocchio e da uomo in burattino, manovrato da una gigantesca mano di burattinaio, fino al momento della sua liberazione dai fili che lo tengono legato, mentre intona “Una furtiva lagrima”.

È uno spettacolo di grande impatto visivo, grazie alla scenografia ricca di particolari curata da Davide Signorini, alle luci a carattere circense di Gianni Bertoli e ai costumi originali di Nika Campisi, che replicano, in modo perfetto, l’aspetto dei burattini di legno. E non si può dimenticare la fortunata presenza dei burattini della famiglia Ferrari, quella di figure bizzarre, come la misteriosa “fata” turchina, che appare durante il secondo atto, e quella dei numerosi performer che riempiono il palcoscenico.

Nina Minasyan, nei panni di Adina, appare poco incisiva ed espressiva, ma spiccano i suoi acuti di soprano; poco appariscente anche la Giannetta di Yulia Tkachenko.

L’aria più celebre dell’opera, “Una furtiva lagrima”, interpretata, con voce sicura e struggente, dal tenore Gillen Munguia fa venire i brividi: la melodia malinconica è introdotta dal fagotto e accompagnata dall’arpa, sostenuta perfettamente dall’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, diretta dal maestro Sesto Quatrini. Il pubblico rimane senza fiato sulla cadenza finale del “si può morir d’amore” che sottolinea la drammaticità del momento.

Roberto de Candia interpreta un magnifico Dulcamara-Mangiafuoco: alla voce coinvolgente del basso aggiunge una forte presenza scenica. Belcore, interpretato da Lodovico Filippo Ravizza, emerge per il suo timbro forte di baritono, la sua vitalità e simpatia.

Spettacolo inizialmente complesso da seguire poiché ricco di personaggi, anche non previsti dal libretto di Felice Romani, di riferimenti, contenuti, controscene e simboli sui quali occorre riflettere, ma in grado di sorprendere il pubblico, che applaude con grande approvazione.

Nemorino, povero falegname, “non riesce a trovare il suo posto nel mondo e decide di fabbricarsene uno”, dove però viene come inghiottito così da trasformarsi “da Geppetto in Pinocchio e da uomo in burattino…fino al momento della sua liberazione dai fili che lo tengono prigioniero mentre intona Una furtiva lagrima”. Viene rilevata anche l’inquietante presenza di quella misteriosa “fata turchina” che appare con il secondo atto. Preziosa la sensibilità musicale nell’evidenziare la malinconia trasmessa da alcuni strumenti, sottolineata la ricchezza della scena e, insieme, la sorpresa del pubblico che ha poi salutato con molto calore lo spettacolo.

Annamaria Melfa

1B  Liceo Classico “Gian Domenico Romagnosi”

III CLASSIFICATA

Un Elisir d’amore che ha stregato il pubblico

Lontano dagli sguardi della gente ritroviamo il fragile e sensibile Nemorino, rintanato in un mondo tutto suo di cui è artefice e protagonista. Dalla mente innovativa del regista Daniele Meneghini è scaturita un’opera d’avanguardia che ha sorpreso il pubblico. Il nuovo allestimento messo in scena nella stagione lirica 2024 è stato realizzato dal Teatro Regio di Parma in coproduzione con il Teatro Regio di Torino.

L’opera si svolge in una falegnameria dove Nemorino, da bravo Geppetto, intaglia con cura la sua amata Adina. Come in un sogno, Adina e le altre marionette prendono vita animando le meravigliose scene di Davide Signorini. Incantevoli anche i costumi di Nika Campisi. Questa nuova interpretazione di Menghini ricorda quel mondo utopistico e stravagante del paese delle meraviglie di Lewis Carroll. Come Alice, anche Nemorino è immerso in un tempo dove razionalità e immaginazione si scontrano continuamente e deve fare i conti con la vera realtà.

Questo spettacolo può essere letto in chiave fiabesca anche per i numerosi richiami alla storia di Pinocchio. Impressionante e inaspettata la scena in cui quest’ultimo viene smembrato, ricollegabile, forse, al dramma d’amore vissuto da Nemorino. Malioso il personaggio di Belcore, con il suo ingresso trionfante e un timbro pieno e pulito, interpretato magnificamente da Lodovico Filippo Ravizza. Precise e apprezzabili anche Adina e Giannetta, interpretate rispettivamente da Nina Minasyan e Yulia Tkachenko. Meno apprezzato dal pubblico, seppur conforme al suo ruolo di Nemorino, è Gillen Munguia, che ha sostituito all’ultimo Francesco Meli nella prova di domenica 10 marzo. La sua furtiva lagrima non ha convinto pienamente. Mentre Roberto de Candia ha interpretato Dulcamara perfettamente: comico e astuto, abile imbroglione con i tratti inquietanti di Mangiafuoco. L’interprete ha cantato con voce estesa e scattante e ha usato al meglio le sue capacità attoriali. Bravi anche i figuranti. Troviamo in scena per la prima volta in un’opera lirica i burattini dei Ferrari che con la loro comicità ed estrosità mantengono viva la grande tradizione di burattini di Parma. Pregevole il coro del Teatro Regio di Parma, diretto dal maestro Martino Faggiani. Ottima la resa musicale, nonostante una leggera asincronia tra il direttore Sesto Quatrini e l’orchestra del Teatro Comunale di Bologna.

Infine, le luci di Gianni Bertoli hanno valorizzato al meglio le emozioni delle marionette, riempiendo i loro cuori di legno di umanità. La chiusura del secondo atto è stata accompagnata da un minuto di applausi. Nonostante la scelta audace di un allestimento così lontano dal libretto di Donizetti lo spettacolo ha riscosso un meritato successo.

Stimolante l’idea di avvicinare il palcoscenico creato/sognato da Nemorino a “quel mondo utopistico e stravagante del paese delle meraviglie di Lewis Carroll. Come Alice, anche Nemorino è immerso in un tempo dove razionalità e immaginazione si scontrano continuamente”, arduo quindi il confronto con la realtà. “Fragile e sensibile” è Nemorino in quel suo mondo di cui è “artefice e protagonista”. E non si rinuncia a porre in rilievo un passaggio di difficile interpretazione, “impressionante e inaspettata” la scena dello smembramento di Pinocchio “ricollegabile forse al dramma d’amore vissuto da Nemorino”. Eccellente anche la cura con cui vengono sottolineate le qualità dei diversi protagonisti della scena.

PREMIO SCRIVERE D’OPERA“ELENA FORMICA”

V EDIZIONE

LE RECENSIONI VINCITRICI E LE MOTIVAZIONI

Elena Mora

1B  Liceo Classico “Gian Domenico Romagnosi”

I CLASSIFICATA

Fili spezzati

Nemorino scende dal palco e getta un’ultima occhiata all’universo meraviglioso che ha palpitato per due ore sulla scena. Abbraccia con lo sguardo il piccolo mondo che lui stesso ha intagliato nel legno, quando credeva che la finzione fosse la panacea di ogni male. Ora che stringe la mano di Adina – vera, viva, finalmente sua – tutto il resto gli pare vano. Mentre Dulcamara si gode l’improbabile trionfo e catalizza l’attenzione degli spettatori, i due s’allontanano indisturbati attraverso la platea. L’ombra della mano gigantesca che incombeva su di loro non li raggiunge più. Nemorino ha reciso il legame che lo incatenava alla sua immaginazione.

Ha riscoperto la realtà.

Nel nuovo allestimento del Teatro Regio di Parma, in coproduzione col Teatro Regio di Torino, la geniale regia di Daniele Menghini mette in scena un Elisir d’amore dalle surreali atmosfere collodiane. Basta un mutamento di prospettiva ed ecco che Dulcamara si trasforma in Mangiafuoco, burattinaio che muove inconsapevolmente i fili della storia. Roberto de Candia, vero mattatore della scena, interpreta magistralmente il ruolo di deus ex machina, messo in risalto dalle luci polverose di Gianni Bertoli e dalle vertiginose scenografie di Davide Signorini. Membra umane sospese a mezz’aria, una lieve pioggia di trucioli, il nudo legno delle impalcature: questo vortice onirico ci trascina violentemente nella fantasia di Nemorino, moderno antieroe dilaniato da tensioni contrastanti.

Galeano Salas s’accolla questo personaggio così complesso, col rischio di venirne soffocato. I burattini dei Ferrari e l’ottimo coro preparato dal Maestro Faggiani amplificano il girotondo metateatrale; la regia semina la scena di dettagli e racconti secondari, elementi di disturbo che rappresentano il disorientamento del protagonista. Nemorino perde di vista l’amore per Adina, che da centro gravitazionale del suo universo di legno si riduce a mera nota a margine. Riuscirà a guardarsi dentro soltanto con Una furtiva lagrima, culmine emotivo dell’intera opera.

La vena drammatica che pervade lo spettacolo è sapientemente alternata a scene di grande comicità, ben enfatizzate dalla colorata direzione di Sesto Quatrini, che guida l’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna in un fragile equilibrio ritmico col palcoscenico. Lodovico Filippo Ravizza ci regala alcuni dei momenti più riusciti dell’opera, con la sua sorprendente interpretazione di Belcore.

Nina Minasyan si rivela un’Adina troppo convenzionale per questa regia visionaria: di fronte a un Nemorino sprofondato nelle proprie allucinazioni, la ragazza viziata e capricciosa non ha più senso. Dovrà invece diventare la chiave perché il protagonista spezzi i fili, scenda dal palco e scelga la vita.

Una recensione davvero perfetta, in grado di dire tanto anche attraverso l’accurata scelta delle parole, all’interno di un quadro interpretativo di notevole complessità, al centro la dialettica tra vero/falso per Nemorino che, stringendo la mano di Adina, “vera, viva, finalmente sua”, riscopre la realtà. E non manca l’aspetto descrittivo: “membra umane sospese a mezz’aria, una lieve pioggia di trucioli, il nudo legno delle impalcature” a cui si affiancano elementi evocativi, come per quel “vortice onirico” che trascina violentemente il pubblico nel mondo fantastico di Nemorino. Commoventi ma con rigore le ultime righe con quei fili spezzati: oltre la scena la scelta della vita, insieme, lui e lei. Il teatro ha bisogno di intelligenze e sensibilità critiche di questo livello.

Sofia Quintavalla

3I  Cambridge Liceo Linguistico “Guglielmo Marconi”

II CLASSIFICATA

Chi siamo realmente? Un Elisir che fa riflettere

Quando, nel 1832, il sipario si alzò, per la prima volta, su L’Elisir d’Amore, nessuno avrebbe immaginato che, quasi due secoli dopo, una reinterpretazione audace avrebbe rivoluzionato l’opera intrecciando alla sua celeberrima trama la tradizione locale parmense dei burattini della famiglia Ferrari e il fascino, intramontabile, della fiaba di Pinocchio.

È infatti in scena, dal 10 marzo 2024, al Teatro Regio di Parma, nel cuore della città, il melodramma giocoso di Donizetti su libretto di Felice Romani, in un nuovo e originale allestimento, in coproduzione con il Teatro Regio di Torino, che omaggia il 110° anniversario del burattino parmigiano Bargnocla popolando il palcoscenico di marionette, burattini e pupi siciliani.

Il regista, Daniele Menghini, trasferisce l’ambientazione dalle classiche campagne basche a una falegnameria, in cui Nemorino, l’unica figura umana in mezzo alla variegata moltitudine di burattini e performers, abbigliati con sontuosi costumi settecenteschi, si rifugia. Egli, simile a Pinocchio nell’incapacità di comprendere la vita, non riesce a confrontarsi con il sentimento d’amore, così intenso e delicato, e decide, pertanto, di costruirsi un suo mondo ideale. Nelle sue vesti incanta il tenore Gillen Munguía, che “dà vita” ad Adina, interpretata dalla voce squillante e piena di passione del soprano Nina Minasyan. Sul palco spicca il carisma del soldato Belcore: l’eccezionale baritono e ammirevole interprete Lodovico Filippo Barizza. L’allegra cavatina del basso buffo Roberto de Candia introduce un Dulcamara a metà tra Mangiafuoco e il burattino Bargnocla, riccamente agghindato e sempre brillante.

Ai classici personaggi, il regista Menghini, aiutato dalla costumista Nika Campisi, aggiunge numerose figure evocative della fiaba collodiana: il brulicare di tanti personaggi rende la narrazione intricata ma, nonostante ciò, la leggerezza e la piacevolezza dell’opera prevalgono grazie agli interpreti, al Coro del Teatro Regio di Parma diretto da Martino Faggiani e all’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, diretta da Sesto Quatrini.

L’attesa trepidante di Una furtiva lagrima, che simboleggia l’emancipazione di Nemorino dai fili che lo tengono prigioniero come un burattino “inadatto alla vita”, è ricompensata dall’acuto trascinante ed esplosivo di Munguía: il culmine di una serata indimenticabile.

Ancora una volta, nel tempio parmigiano della lirica si combinano, sapientemente, tradizione e innovazione in un esempio di “opera dentro l’opera” che fa riflettere ogni spettatore: chi siamo realmente? Non siamo tutti un po’ Nemorino o Pinocchio? O forse Dulcamara-Bargnocla?

Qui si parla – e motivatamente – di “interpretazione audace” per l’intrecciarsi, nella messa in scena di Daniele Menghini, dell’opera originaria con i burattini della famiglia Ferrari e della storia di Pinocchio. Efficace la similitudine tra Nemorino e il protagonista collodiano, entrambi incapaci di comprendere la vita: arduo affrontare il sentimento d’amore, meglio rifugiarsi “in un mondo ideale”. E “il brulicare di tanti personaggi” rende sì la situazione intricata, ma lasciando prevalere “la leggerezza e la piacevolezza dell’opera”. E si riconosce l’attesa che si fa “trepidante” per Una furtiva lagrima che segna “l’emancipazione di Nemorino dai fili che lo tengono prigioniero”, libero, autonomo, capace di farsi amare. Con quesito finale: anche noi ci sentiamo a volte un po’ Nemorino? Magari con il desiderio di rifugiarci in un mondo tutto nostro?

Irene Elena Pocaterra

3I Cambridge Liceo Linguistico “Guglielmo Marconi”

III CLASSIFICATA

Pinocchio nell’Elisir: una rielaborazione strabiliante al Teatro Regio di Parma.

In sole due ore, al Teatro Regio di Parma, in coproduzione con il Teatro Regio di Torino, è possibile assistere alla rielaborazione originale, attualizzata e ringiovanita dell’opera “Elisir d’amore” di Donizetti, per la regia di Daniele Menghini.

Lo spettacolo ruota attorno alla figura di Nemorino nei panni di un giovane falegname che non riesce a trovare il suo posto nel mondo e decide di fabbricarsene uno, secondo i suoi desideri e le sue fantasie, fatto di marionette e burattini. Improvvisamente i burattini e le marionette prendono vita e Nemorino si ritrova sempre più immerso in questo nuovo mondo tanto da trasformarsi da Geppetto in Pinocchio e da uomo in burattino, manovrato da una gigantesca mano di burattinaio, fino al momento della sua liberazione dai fili che lo tengono legato, mentre intona “Una furtiva lagrima”.

È uno spettacolo di grande impatto visivo, grazie alla scenografia ricca di particolari curata da Davide Signorini, alle luci a carattere circense di Gianni Bertoli e ai costumi originali di Nika Campisi, che replicano, in modo perfetto, l’aspetto dei burattini di legno. E non si può dimenticare la fortunata presenza dei burattini della famiglia Ferrari, quella di figure bizzarre, come la misteriosa “fata” turchina, che appare durante il secondo atto, e quella dei numerosi performer che riempiono il palcoscenico.

Nina Minasyan, nei panni di Adina, appare poco incisiva ed espressiva, ma spiccano i suoi acuti di soprano; poco appariscente anche la Giannetta di Yulia Tkachenko.

L’aria più celebre dell’opera, “Una furtiva lagrima”, interpretata, con voce sicura e struggente, dal tenore Gillen Munguia fa venire i brividi: la melodia malinconica è introdotta dal fagotto e accompagnata dall’arpa, sostenuta perfettamente dall’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, diretta dal maestro Sesto Quatrini. Il pubblico rimane senza fiato sulla cadenza finale del “si può morir d’amore” che sottolinea la drammaticità del momento.

Roberto de Candia interpreta un magnifico Dulcamara-Mangiafuoco: alla voce coinvolgente del basso aggiunge una forte presenza scenica. Belcore, interpretato da Lodovico Filippo Ravizza, emerge per il suo timbro forte di baritono, la sua vitalità e simpatia.

Spettacolo inizialmente complesso da seguire poiché ricco di personaggi, anche non previsti dal libretto di Felice Romani, di riferimenti, contenuti, controscene e simboli sui quali occorre riflettere, ma in grado di sorprendere il pubblico, che applaude con grande approvazione.

Nemorino, povero falegname, “non riesce a trovare il suo posto nel mondo e decide di fabbricarsene uno”, dove però viene come inghiottito così da trasformarsi “da Geppetto in Pinocchio e da uomo in burattino…fino al momento della sua liberazione dai fili che lo tengono prigioniero mentre intona Una furtiva lagrima”. Viene rilevata anche l’inquietante presenza di quella misteriosa “fata turchina” che appare con il secondo atto. Preziosa la sensibilità musicale nell’evidenziare la malinconia trasmessa da alcuni strumenti, sottolineata la ricchezza della scena e, insieme, la sorpresa del pubblico che ha poi salutato con molto calore lo spettacolo.

Annamaria Melfa

1B  Liceo Classico “Gian Domenico Romagnosi”

III CLASSIFICATA

Un Elisir d’amore che ha stregato il pubblico

Lontano dagli sguardi della gente ritroviamo il fragile e sensibile Nemorino, rintanato in un mondo tutto suo di cui è artefice e protagonista. Dalla mente innovativa del regista Daniele Meneghini è scaturita un’opera d’avanguardia che ha sorpreso il pubblico. Il nuovo allestimento messo in scena nella stagione lirica 2024 è stato realizzato dal Teatro Regio di Parma in coproduzione con il Teatro Regio di Torino.

L’opera si svolge in una falegnameria dove Nemorino, da bravo Geppetto, intaglia con cura la sua amata Adina. Come in un sogno, Adina e le altre marionette prendono vita animando le meravigliose scene di Davide Signorini. Incantevoli anche i costumi di Nika Campisi. Questa nuova interpretazione di Menghini ricorda quel mondo utopistico e stravagante del paese delle meraviglie di Lewis Carroll. Come Alice, anche Nemorino è immerso in un tempo dove razionalità e immaginazione si scontrano continuamente e deve fare i conti con la vera realtà.

Questo spettacolo può essere letto in chiave fiabesca anche per i numerosi richiami alla storia di Pinocchio. Impressionante e inaspettata la scena in cui quest’ultimo viene smembrato, ricollegabile, forse, al dramma d’amore vissuto da Nemorino. Malioso il personaggio di Belcore, con il suo ingresso trionfante e un timbro pieno e pulito, interpretato magnificamente da Lodovico Filippo Ravizza. Precise e apprezzabili anche Adina e Giannetta, interpretate rispettivamente da Nina Minasyan e Yulia Tkachenko. Meno apprezzato dal pubblico, seppur conforme al suo ruolo di Nemorino, è Gillen Munguia, che ha sostituito all’ultimo Francesco Meli nella prova di domenica 10 marzo. La sua furtiva lagrima non ha convinto pienamente. Mentre Roberto de Candia ha interpretato Dulcamara perfettamente: comico e astuto, abile imbroglione con i tratti inquietanti di Mangiafuoco. L’interprete ha cantato con voce estesa e scattante e ha usato al meglio le sue capacità attoriali. Bravi anche i figuranti. Troviamo in scena per la prima volta in un’opera lirica i burattini dei Ferrari che con la loro comicità ed estrosità mantengono viva la grande tradizione di burattini di Parma. Pregevole il coro del Teatro Regio di Parma, diretto dal maestro Martino Faggiani. Ottima la resa musicale, nonostante una leggera asincronia tra il direttore Sesto Quatrini e l’orchestra del Teatro Comunale di Bologna.

Infine, le luci di Gianni Bertoli hanno valorizzato al meglio le emozioni delle marionette, riempiendo i loro cuori di legno di umanità. La chiusura del secondo atto è stata accompagnata da un minuto di applausi. Nonostante la scelta audace di un allestimento così lontano dal libretto di Donizetti lo spettacolo ha riscosso un meritato successo.

Stimolante l’idea di avvicinare il palcoscenico creato/sognato da Nemorino a “quel mondo utopistico e stravagante del paese delle meraviglie di Lewis Carroll. Come Alice, anche Nemorino è immerso in un tempo dove razionalità e immaginazione si scontrano continuamente”, arduo quindi il confronto con la realtà. “Fragile e sensibile” è Nemorino in quel suo mondo di cui è “artefice e protagonista”. E non si rinuncia a porre in rilievo un passaggio di difficile interpretazione, “impressionante e inaspettata” la scena dello smembramento di Pinocchio “ricollegabile forse al dramma d’amore vissuto da Nemorino”. Eccellente anche la cura con cui vengono sottolineate le qualità dei diversi protagonisti della scena.

cerimonia di premiazione foto Ricci

Deja una respuesta

Tu dirección de correo electrónico no será publicada. Los campos obligatorios están marcados con *