Pietro Nigro OPERA OMNIA Volume 1 – Poesie

Recensione di Tito Cauchi

Dopo tante fatiche letterarie Pietro Nigro, poeta e scrittore siciliano di Avola (classe 1939), si gode il meritato riposo dall’insegnamento e giunto a un certo momento fa il bilancio della sua vita. Comincia a riunire le sillogi poetiche sotto lo stesso titolo nell’Opera Omnia (Guido Miano Editore, Milano 2024), dedicata alla moglie da poco scomparsa. Quest’opera, negli auspici della Casa Editrice, assume il senso di “divenire e costituire una ‘memoria’ documentativa e testimoniale degli scrittori contemporanei”, rammentando che non sempre il merito giunge nell’immediato come la storia delle letterature insegna (per esempio Gianbattista Marino, Vincenzo Monti, Italo Svevo) oppure giunge in tarda età (come è successo ad Andrea Cammilleri, il padre del “Commissario Montalbano”). Auspicio che serve di stimolo e di conforto per scrittrici e scrittori militanti.

Nella prefazione, il lombardo Enzo Concardi considera la vicinanza del sentire tra Guido Miano e Pietro Nigro per via delle comuni origini siciliane in terra siracusana e l’amore per la cultura classica dell’antica Grecia. Il critico si sofferma sulla struttura dell’Opera spiegando che le poesie si distendono su sette capitoli: nei primi sei confluiscono quelle selezionate e raggruppate secondo “motivi ispiratori dell’ars poetica”; e nell’ultimo, gli inediti. Infine commenta: “Lo scavo in profondità lo accomuna alla poesia d’impegno umano, intellettuale, etico, civile che tanto manca nel panorama contemporaneo”.

I motivi ispiratori sono i seguenti (molto succintamente): 1- le migrazioni dei siciliani nella grecità perduta; 2- simbiosi tra uomo e natura; 3- memoria come passato; 4- vita e amore; 5- vita e oblio; 6- divinità e trascendenza: 7- Gesù e l’attualità. 

Possiamo dire di trovarci dinanzi ad una autobiografia e a una dichiarazione di poetica. Solo per dare un assaggio dell’humus poetico mi soffermo sull’Opera anche perché giovano sempre le emozioni primarie (o “primeve”, per usare un aggettivo più volte ripetuto dal Nostro). Citerò brani e omettendo le barre separatrici dei versi, considerata la loro scorrevolezza.

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Trinacria e Magna Grecia. Pietro Nigro apre con Esodo e segue con argomenti legati alla Sicilia, il suo Sud. Appare chiaro il suo sentimento sull’emigrazione della sua “gente”, partita e destinata a vivere e a morire altrove. La sua è terra d’aranci e limoni, di fichi d’India, di zagare e salsedine, di sole e del carrubo; della bella Taormina, di Noto e di Avola. Terra dagli “aromi di pane secco d’olive e di menta”; mentre adesso si respirano gas solfidrici delle ciminiere. La sua coltre è fatta delle Madonie, dei Monti Iblei e di trazzere; vi si respira “tiepida brezza marina”; ma, sembra dire, è terra tradita dagli uomini e abbandonata da Dio. I suoi, sono “uomini duri come scorza d’ulivi”. Si chiede se la sua Isola si risolleverà, riprendendo l’antico splendore. Terra dal “sapore greco antico d’Eschilo e di Pindaro, di Teocrito, Simonide e Bacchilide.” (Indefiniti confini, p.29). Disilluso, promette: “Non voglio fiori bianchi sulla mia tomba, ma certezze.” (Ho visto seccare il torrente, p.24).

Chiaroscuri della natura, è conseguente di quanto precede: “Non mi rimane forse che sognare… Non posso credere che invano trascorra una vita per prepararsi alla fine l’oblio d’una tomba;” (Si scioglie l’inverno, p.38). Qui lo spirito si distende beandosi dei verdi campi nell’incanto della natura: “Giardini che ornate le campagne del Sud e che Goethe esaltò con le parole «Conosci tu il paese dove fioriscono i limoni?»” (Odoranti campi di zagara, p.59).

I labirinti della memoria. Pietro Nigro si raccoglie nel silenzio delle sue meditazioni, andando all’età della spensieratezza, anche se la realtà gli sta sotto gli occhi. Affiorano così dal suo profondo, frammenti di memoria, immagini evanescenti, come di fantasmi, di case distrutte, siamo nel secondo dopoguerra, di case abbandonate dai comignoli muti. Passioni esaltanti, sogni e progetti, come su “tele illusorie”; ma dentro egli piange. Si trasporta a Parigi (Montmartre, la chiesa del Sacré-Coeur, Saint-Germain, la Senna, Saint-Michel, la Sorbona). Ci offre un tocco dotto d’arte e di poesia. Ma, prossimo per un addio, sembra che i suoi passi abbiano lasciato l’impronta.

Amore è vita, evoca la sua donna “Dov’è l’amor mio mentre tra le fredde ombre di solitarie luci nell’immensa solitudine di stanche strade addormentate solo avanza la mia nostalgia di lei col passare della notte sotto i portici d’una città in attesa.” (Lontananza, p.96). Eleva un inno all’amore, riprende il motivo della ricordanza “La sera al Boulevard Saint-Michel”, in compagnia del suo amore nell’estate al Bois de Boulogne, a Montmartre, métros di Cluny, Saint-Germain, Saint-Michel, e altre località divenute luoghi dell’anima ove “parlare d’amore”.

Tra la vita e l’oblio, è canto che si fa lirica: “Non andremo più a raccogliere fiori di campo tra gli ulivi” (Caducità, p.119). Pietro Nigro ripercorre momenti che hanno preceduto la “subdola malattia, inizio di morte” (Contropartita, p.122). Piange e le certezze vengono meno, muoiono le illusioni, perfino la natura non avrà il suo profumo e il suo canto.

Dal dolore all’anima, dall’essere all’infinito. Il pensiero si fa più assertivo e rassegnato. Emergono pensieri di morte, rivolge un pensiero al proprio padre svanito in una “notte di marzo”, un pensiero pure al poeta e attore Bruno Vilar (marito dell’attrice i Paola Borbone, morto in un incidente automobilistico); alla figlia Gabriella (1967-2014), prematuramente scomparsa. Si chiede: “Dov’è il segno della sua rivelazione?” (Gesù e la storia, p.177). Non resta che la fede!

Alla fine del tragitto, capitolo settimo, silloge inedita del 2023. Il Poeta considera che fin dai tempi primordiali l’essere umano ha avvertito il bisogno di rivolgersi a un Essere superiore, chiamandolo con nomi diversi. Ma man mano, bisogni indotti e superflui, hanno prodotto “malsani pensieri”. Anche qui pensieri di morte, della figlia, e dei morti recenti come nel conflitto in Israele nella Striscia di Gaza [territorio grande quanto la città di Enna o di Firenze]. Deluso dalla situazione attuale, dei molti morti. L’animo afflitto cerca conforto nell’illusione di Parigi. Infine conclude con quest’ultimo pensiero: “Se l’uomo un giorno volgesse lo sguardo dove l’orizzonte non ha più confini, … agevole sarebbe il percorso della sua vita più sopportabile il dolore della morte sublime la strada che conduce all’immenso” (La meta, p.193).

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Penso che a un certo punto della vita poeti e poetesse ambiscano realizzare un’opera che raccolga il meglio di sé, se non addirittura una raccolta completa del proprio pensiero. Confesso di avere letto già sei o sette opere del poeta siciliano di Avola e non nascondo che ciò, forse, mi ha condizionato nel formulare la mia impressione sull’opera in parola. Altresì penso che Pietro Nigro con la sua Opera Omnia (volume 1, relativa alla poesia), riferisca un dettato sentimentale comune a tutti gli esseri umani; ma credo lo faccia semplicemente con gocce di vera poesia, degne di essere citate, che si trasformano in un fiume. Raccontare diventa un bisogno, un filo teso per unire chi ci sta vicino, che amiamo e che ci ama; raccontare vuole significare legare il presente al passato e proiettarlo nel futuro per trovare il senso della vita, ma anche “il senso della morte” (mie virgolette).

Tito Cauchi

26 luglio 2024

Pietro Nigro, Opera Omnia. Volume 1 – Poesie, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2024, pp. 208, isbn 979-12-81351-28-8, mianoposta@gmail.com.

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