GENDER IDEOLOGIZZATO

Di Giuseppe Arnò

De rebus quae geruntur «delle cose che accadono»

Le Olimpiadi di Parigi a dire il vero non sono iniziate sotto i migliori
auspici né si sono chiuse senza polemiche: atleti sfilanti su battelli
fluviali a mo´ di ammutinati del Bounty; coreografie di dubbio gusto
(sul detto «scherza coi fanti e lascia stare i santi»… né l’ombra di quel
sentimento di profondo e quasi timoroso rispetto verso il sacro); cibo
somministrato al Villaggio Olimpico da dimenticare; acque della
Senna ben altro che Evian, Perrier e Vichy; negli arbitraggi errori a
gogò; poi tanti dubbi e polemiche sulla disforia di genere e non finisce
qui. Avviene quindi che, tirando le somme, riscontriamo più difetti
che pregi!
Intersesso, ma cos’è?
È uomo o donna? È maschio o femmina? È nessuno dei due: il
termine vuol dire neutro, calco del greco οὐδέτερον (udéteron), ‘né
l’uno né l’altro’. Beh, il mondo cambia (poveri noi!) e dobbiamo stare
al passo con la fantasiosa evoluzione semantica, che l’esasperato

orientamento ideologico e culturale di estremo rispetto verso tutti ci
impone.
Tuttavia il termine neutro, per quel che ci riguarda, ci può star bene,
ad esempio, per un genere grammaticale, già presente in diverse
lingue; per i colori; per i cavi elettrici; ma per una classificazione del
genere homo, beh, no davvero. Eppure … chi lo avrebbe immaginato
che il neutro, ovvero questo concetto di liquidità sessuale, ci sarebbe
stato proposto come indice di evoluzione sociale e culturale?
Ammazza, che evoluzione!
L’ambiguità sessuale o intersesso che dir si voglia altro non è, a detta
di alcuni studiosi, che il frutto del delirium delle nuove generazioni,
imbottite di becera ideologica, che intende omologare il pensiero, lo
stile di vita e le identità, sessuale inclusa, in nome di una supposta
libertà, fantastica ed estemporanea. Fin dove riusciamo ad intendere,
partendo dai primati e fino ai nostri giorni, secondo quanto
consegnatoci dalla storia e dalle nostre tradizioni, sappiamo che si
nasce uomo (con cromosomi XY) o donna (con cromosomi XX). Per
contro, il «pensiero unico», che ci viene imposto come fosse un
dogma, persegue lo scopo di riprogrammarci e ammaestrarci
sull’identità umana, in particolare sulla struttura della stessa;
affettiva e sessuale, in primis.
Il gender ideologizzato.
A parte ogni altra considerazione e col massimo rispetto per le idee
altrui, riteniamo che la teoria del «gender» sia un confronto
essenzialmente ideologico e complesso allo stesso tempo: essa
rappresenta invero un affronto ai consolidati fondamenti
dell’antropologia; una messa in discussione dell’essenza e dei principi
della natura umana, cui da sempre si fa riferimento. Un’ideologia,
quella del gender che, se non consiste propriamente nel diniego della
realtà alla maniera cartesiana (dubbio metodico), si propone di porre
l’oggettività tra virgolette, alla maniera scettica, accantonando la
nostra “identità naturale” e definendola non più come fattore
determinante della personalità, ma come un dettaglio aggiuntivo e
secondario.
Che sventola… (Fred Buscaglione n.d.r.)
Va precisato che questa premessa alla breve disamina che segue ha
origine dallo scalpore verificatosi alle Olimpiadi, nello sport pugilistico
femminile. Il caso dell’algerina Imane Khelif, medaglia d’oro nella
categoria +66 kg della boxe femminile, e della cinese Liu Yang,
medaglia d’argento (stessa categoria), ha infatti scatenato proteste,
allusioni e veleni sullo sport pugilistico e non solo, per il fatto che le

predette erano state squalificate dall’IBA ai campionati mondiali
dell’anno scorso, per non aver superato i necessari test, mentre alle
Olimpiadi sono state ammesse a gareggiare nella loro specialità,
senza alcun problema. Il casus belli è stato, in particolare, il test
effettuato lo scorso anno sulla Khelif che ha rilevato la presenza del
cromosoma XY, pur essendo donna.
Thomas Bach, presidente del CIO, ha affermato che «non c’è mai
stato alcun dubbio» che le due pugili siano donne. Stando così le
cose, Khelif e Liu Yang hanno gareggiato nella loro specialità, secondo
il CIO, con tutte le carte in regola e non può dicerto qualificarsi
riprovevole, se di riprovazione si può parlare, il fatto che Khelif abbia
gonfiato di botte e messo KO, alla Bud Spencer, tutte le avversarie,
inclusa la pur forte Liu Yang; questa è la boxe! La nostra Angela
Carini, giustamente preoccupata per la propria incolumità, al 46º
secondo e dopo il primo cazzotto, come accade negli spaghetti
western, si è dichiarata vinta, evitando così un fracco di legnate.
Tutti contro tutti!
Riassumendo, un fatto è certo: quando si tratta di argomenti
eticamente sensibili in cui entra strumentalmente la politica, la
contesa tra le contrapposte ideologie impedisce che l’argomento sia
trattato con logica e sensatezza nell’ambito di un dialogo costruttivo e
risolutivo. Ecco allora che le divergenze ideologiche sull’argomento si
trasformano in «bellum omnium contra omnes», ovvero in zuffa di
tutti contro tutti; e l’insensatezza prevale sulla razionalità.
Approfondendo il concetto del questionato problema gender, ritornato
ancora una volta alla ribalta in occasione delle ultime olimpiadi, va
precisato che la causazione di ogni controversia dev’essere invero
addebitata non agli atleti, ma agli organizzatori delle manifestazioni
sportive e alle varie associazioni di categoria. A riprova di ciò basta
dare un’occhiata agli stracci che volano tra il CIO (Comitato Olimpico
Internazionale) e l’IBA (Associazione Pugilistica Internazionale con
sede in Russia e estromessa dai Giochi), principalmente sull’uso dei
test genetici.
Il politicamente corretto e l’inclusione ad ogni costo ci porta difatti
alle controverse conclusioni formulate dal summenzionato Thomas
Bach, secondo cui, in netto contrasto con Umar Kremlev,
presidente dell’IBA, «se qualcuno ci presentasse un sistema
scientificamente solido su come identificare uomini e donne, saremo i
primi ad adottarlo».
In sostanza, Bach dice che non esiste un modo scientifico consolidato
per affermare chi è una donna! Inoltre, secondo lui, sia il test del

DNA con tampone salivare sia il controllo del testosterone sono
invasivi, per cui sul genere dell’atleta fa fede il passaporto.
Probabilmente Bach non ha mai letto la fiaba di Giulio Gianelli
«Pipino nato vecchio e morto bambino». E vabbè, ogni testa è un
tribunale, ma c’è anche una buona notizia: il nuovo presidente del
CIO verrà eletto a marzo 2025 e per ciò… speriamo bene!
Gli asini litigano e i barili si rompono.
Ordunque, se è vero, com’è vero, che si è di fronte ad una seria e
preoccupante questione bioetica che va affrontata per tutti gli sport,
esente da ogni dogma di parificazione di genere per poter assicurare
l’imparzialità delle competizioni, è pur anco vero che la teoria del
gender rappresenta in sostanza una lotta di potere e che gli atleti
coinvolti, per un verso o per l’altro, rappresentano le vittime di detta
guerra.
Non a caso la boxe è stata sospesa, al momento, come disciplina
sportiva dai Giochi di Los Angeles del 2028 e, per scongiurare il
verificarsi di tale evento, sarà quanto prima indetta una riunione delle
federazioni nazionali affinché siano tutte rappresentate da un’unica
entità, la World Boxing. Si cerca, insomma, di correre ai ripari
perché tutto è business; tutto è interesse; tutto è strategia politica.
L’etica e la parità di genere alla fine servono solo da paravento.
Dunque? Mah! Che dire… gli asini litigano e i barili si rompono! A
questo punto per non pregiudicare la boxe femminile, magari
escludendola dai Giochi olimpici e non solo, è necessario stipulare un
«armistizio» tra le entità sportive e stabilire di esercitare
indistintamente su tutti gli atleti i dovuti controlli consentiti dalla
moderna tecnologia, ponendo così fine alle cervellotiche teorie che
cancellano le differenze ma anche l’umanità!
E se il politically correct e l’ideologia woke ponessero dei paletti
alla realizzazione dei test? Tornando indietro nel tempo, notiamo che
gli antichi Greci avevano trovato la soluzione: facevano gareggiare gli
atleti completamente nudi. Oddio, certo, noi non potremmo imitarli,
ce ne guarderemmo bene: immaginate ai nostri giorni che putiferio?
Disagio, pudicizia, sessualità, provocazione e… lasciamo perdere…
Allora? Suvvia, siamo seri! Corre l’Anno Domini 2024 e sia dunque la
scienza (codice genetico e carica ormonale) e non il business e la
gretta ideologia politica a dettare i parametri necessari a rivelare gli
«arcani» del sesso anatomico. Se ciò avverrà, parafrasando la dedica
di Claudia Cardinale «Tancredi, il ballo è finito» ad Alain Delon,
amico e partner recentemente passato a miglior vita, potremo anche

noi finalmente esclamare: «Signori dello sport, la buriana è
finita!»
Giuseppe Arnò

Tutte l’opinioni versati nel sito correspondono solo a chi la manifesta. Non e necessariamente l’opinione della Direzione

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