LA NOTTOLA DI MINERVA INIZIA IL SUO VOLO SUL FAR DEL CREPUSCOLO
DI MICHELE SCHIAVONE
L’audizione al Consiglio generale degli italiani all’estero, che si è svolta questa settimana presso la Commissione Affari Costituzionali alla Camera dei Deputati, sulla proposta di legge di revisione costituzionale degli articoli 48, 56 e 57 della Costituzione italiana, non dovrebbe essere percepita come un atto dovuto, essendo il CGIE un organismo consultivo del Governo chiamato ad interloquire formalmente sui provvedimenti di interesse legislativo, che si estendono agli italiani all’estero.
A distanza di giorni, l’esperienza vissuta mi ha riportato alla mente la prefazione di Hegel ai “Lineamenti di filosofia del diritto” nella quale esplicita che “il pensiero espresso val la pena di ripeterlo ancora. In realtà, quando nella dottrina un solo oggetto, cui non possono applicarsi differenze, si arresta in noi, allora per la prima volta si presenta nell’anima l’universale. È da qui che si dovrebbe partire per far conoscere le ragioni della nostra richiesta di non dividere in parti uguali, ciò che in natura è diverso o disuguale”. Ovvero, “Ciò che è razionale è reale, ciò che è reale è razionale”.
Diceva Hegel, “la filosofia come sapere epistemico non s’interessa di ciò che è accidentale; essa va al cuore della realtà e trova – come ormai è chiarissimo – soltanto l’Idea, il Pensiero. Del resto, a dire anche una parola sulla dottrina di come dev’essere il mondo, la filosofia arriva sempre troppo tardi. Come pensiero del mondo, essa appare per la prima volta nel tempo, dopo che la realtà ha compiuto il suo processo di formazione ed è bell’e fatta. Questo, che il concetto insegna, la storia mostra, appunto, necessario: che, cioè, prima l’ideale appare di contro al reale, nella maturità della realtà, e poi esso costruisce questo mondo medesimo, colto nella sostanza di esso, in forma di regno intellettuale. Quando la filosofia, nel nostro caso la legge, dipinge a chiaroscuro, allora un aspetto della vita è invecchiato e, dal chiaroscuro, esso non si lascia ringiovanire, ma soltanto riconoscere: la nottola di Minerva inizia il suo volo sul far del crepuscolo”.
Anche in questa partita sulla revisione costituzionale italiana, che ambisce a ridurre il numero dei parlamentari nella Aule della Camera e del Senato, il dibattito è arrivato troppo tardi, ovvero in un periodo in cui il razionale segna il passo sull’irrazionale. Come pensiero delle istituzioni questa proposta appare tardi, dopo che la realtà ha compiuto il suo processo di formazione. È figlia di un’onda cresciuta sull’insofferenza se non proprio sull’insoddisfazione. Il primo passaggio legislativo in Senato ha mostrato esplicitamente parecchi punti deboli e, tra questi, quello più controverso è proprio il numero dei parlamentari eletti nella circoscrizione estero. La vulgata popolare ricorda che il governo pro tempore, formato da una maggioranza numerica, ha tra i diversi punti costituivi del suo contratto: la riforma delle legge elettorale nella circoscrizione estero e la riduzione del numero dei parlamentari.
Entrambe le questioni hanno un filo conduttore: la rappresentanza e il voto degli italiani all’estero, ovvero i cittadini italiani che fanno parte della Nazione. Si tratta di due istituti giuridici che il Governo intende affrontare per rispondere alla decadenza delle istituzioni lacerate al proprio interno.
Sulla rappresentanza dei 18 parlamentari eletti nella circoscrizione estero il CGIE ha espresso il suo parere contestando l’insostenibile sproporzione esistente tra gli eletti in Italia e quelli eletti in rappresentanza di 6 milioni di cittadini residenti all’estero. Nel crepuscolo delle istituzioni italiane auspichiamo che la nottola di Minerva si diriga nella direzione che indica la giusta differenziazione esistente tra la rappresentanza nazionale e quella estera, che concorrono a esprimere complessivamente un istituto, nel quale la nazione viene concepita in senso lato e non circoscritta esclusivamente alle frontiere nazionali. Scindere la rappresentanza numerica tra i parlamentari eletti nei collegi nazionali e quelli eletti nella circoscrizione estero, tenendo distinte le parti oggi non è una proposta esiziale ma rappresenterebbe l’evoluzione di una legislazione moderna, precorritrice di una più ampia concezione della cittadinanza.
Perciò è maturo il tempo di concepire il mondo degli italiani all’estero come una regione autonoma e differenziata, verso la quale dovranno rivolgersi le istituzioni italiane. Questa è la convinzione che ci spinge a chiedere l’aggiunta di almeno 12 deputati e 6 senatori al numero dei parlamentari eletti nei collegi nazionali.
Al CGIE restano solo la forza delle parole e la proposta di idee, scaturite dalla sintesi di esperienze raccolte tra le comunità sparse nei cinque continenti. Da queste muove la volontà di convincere le istituzioni e il governo pro tempore, che il destino del nostro Paese è legato, oggi più che nel passato, ad un filo diretto che tiene assieme l’Italia con quel numeroso mondo di italiani all’estero e di italici, che anche attraverso la rappresentanza parlamentare salda il legame esistente, tra tante diversità, anche dagli interessi di natura economica e geopolitica.
Mantenere vivi questi legami oggi serve più all’Italia che ai sei milioni di espatriati e ai milioni di italodiscendenti. Far leva su questa inestimabile rete umana, che a sua volta si fa interprete dell’esposizione del nostro Paese nel mondo, rappresenta l’ultima occasione non solo per rafforzare gli aspetti materiali o empirici ma anche per la modernizzazione delle istituzioni nazionali. (michele