PIERFRANCO BRUNI
I suoi percorsi erano sempre in un viaggio di comparazioni tra l’anima e la scrittura, tra il pensiero e l’esperienza esistenziale, tra il vissuto nella poesia e la conoscenza della parola profonda.
In una intervista apparsa su “Tempi” del 28 giugno del 2015, a cura di Rodolfo Casadei, Eugenio Borgna sostenne: “Si tratta di abituarsi a guardare a tutto ciò che ci accade cercando di coglierne gli orizzonti di senso, di trasformare ogni esperienza esteriore in un’esperienza interiore. Dobbiamo educarci a riconoscere le nostre risonanze interiori quando incontriamo gli altri, lavoriamo, sogniamo. Solo se cerchiamo sempre di cogliere negli avvenimenti esteriori l’anima, il senso, arriveremo a cogliere anche l’insoddisfazione, la relatività delle esperienze esteriori, e di contro l’importanza delle esperienze interiori, che ci avvicinano all’infinito. L’esperienza dell’infinito, in tutte le sue forme, ci avvicina a Dio”.
Si vive di nostalgie. Si vive in attesa di Dio. Attraverso la Parola. La letteratura è nostalgia. La nostalgia anche come “memoria vissuta”. Frammenti di un discorso sulla nostalgia di Eugenio Borgna. Si legge: In una esperienza emozionale, come quella della nostalgia, il passato (la dimensione del passato) dilaga e sommerge il presente (la dimensione del presente) mentre il futuro (la dimensione del futuro) retrocede: fibrilla e poi si sfalda, si incrina e poi si spezza quando la nostalgia abbia a trasformarsi da semplice stato d’animo in forma clinica: in depressione.
Eugenio Borgna: “La storia della vita e della morte di Antonia Pozzi è stata segnata da questa precoce aspirazione alla morte e da questa acutissima percezione del trascorrere (del fuggire) del tempo come epifania della inconsistenza e della friabilità della vita. […] La malinconia […] non può non essere considerata come la matrice possibile della morte volontaria di Antonia Pozzi: essa scorre come un filo rosso lungo le sue poesie: dalle prime, così immerse in una dolorosa e disfatta climax adolescenziale, alle ultime; e alla malinconia non può non essere legata la loro indicibile fascinazione” (L’attesa e la speranza, Feltrinelli, Milano 2005).
Si vive tra i silenzi e le parole. Un infinito che tocca l’impossibile tra la filosofia l’antropologia e la psicologia: La solitudine, come il silenzio, è esperienza interiore che ci aiuta a vivere meglio la nostra vita di ogni giorno; facendoci distinguere le cose essenziali della vita da quelle che non lo sono, e che non di rado sopravvalutiamo nei loro significati.
Troppi silenzi troppe parole. Basta guardarsi in uno specchio per definire tutto. Parlo di letteratura e parla di vita. Ormai non so fare altro. Oddio, lasciamo perdere questa mia caduta… Forse l’amore, alla mia età, cerco di viverlo con impegno e con devozione. Devozione? Borgna: “Nel cuore di ogni emozione, anche delle emozioni più dolorose e apparentemente al di là di ogni orizzonte di senso, si nasconde almeno una scheggia di palpitante umanità”.
Ci vuole fantasia. Ma è nella vita che occorre fantasia, mistero, segreti. La letteratura ha bisogno della esperienza di esistere. La vita è una esperienza che ha bisogno di recuperare quotidianamente il senso della memoria e dell’immaginario.
La scrittura ci offre un dono. Il dono della ambiguità. Noi possiamo scrivere anche ciò che non pensiamo. Che fingitore lo scrittore… Ma lo scrittore dice anche le verità che nessuno vorrebbe sentire. Abita la finzione e la verità. Dove sta la finzione? Ma si vive tra ferite ed emozioni: “Non fa paura l’isolamento causato da una malattia ma quello causato dal deserto delle emozioni”.
Nella verità. E la verità? Nella finzione. Siamo in un gioco indefinibile. Ecco perché i volti delle emozioni sono nelle parole tra il riso, il sorriso e la malinconia.
Penetrare il senso di questo mistero è penetrare la parola non come curiosità ma come dimensione onirica. È come togliere il velo alle maschere. Non la polvere. Ma le maschere e quindi specchiarsi. C’è sempre una strana dialettica nella letteratura, perché la letteratura non è esperienza di una consapevolezza. Sempre il senso dell’infinito riconcilia il linguaggio e la memoria in Borgna: “L’infinito, questa segreta dimensione della vita, è in noi: palpitante e vivo; e non si cancella nella misura in cui non ci lasciamo affascinare, e divorare, dal tumulto, e dal frastuono, non solo delle cose che sono al di fuori di noi; ma, ancora più devastanti, da quelle che si agitano in noi: nella nostra vita interiore assediata”.
È esperienza ma è esperienza del gioco di esistere. Sia Pirandello che Ungaretti sono stati dei grandi giocatori. Giocatori tra le parole e portatori di un vocabolario e di una forma che hanno segnato tutto il Novecento. La fragilità del Novecento?
Borgna: “Nella fragilità si nascondono valori di sensibilità e di delicatezza, di gentilezza estenuata e di dignità, di intuizione dell’indicibile e dell’invisibile che sono nella vita, e che consentono di immedesimarci con più facilità e con più passione negli stati d’animo e nelle emozioni, nei modi di essere esistenziali, degli altri da noi”.
Il misterioso è un incanto. Incanta. Viaggio e nostalgia sono nel cerchio della vita. Nel cerchio di questo viaggiare la nostalgia è empatia. La nostalgia anche come “memoria vissuta”. “Frammenti di un discorso sulla nostalgia” di Eugenio Borgna. Si legge: “In una esperienza emozionale, come quella della nostalgia, il passato (la dimensione del passato) dilaga e sommerge il presente (la dimensione del presente) mentre il futuro (la dimensione del futuro) retrocede: fibrilla e poi si sfalda, si incrina e poi si spezza quando la nostalgia abbia a trasformarsi da semplice stato d’animo in forma clinica: in depressione”.
Attento conoscitore di Simone Weil, Borgna sottolineerà degli incisi importanti.
L’anima e il silenzio sono tasselli del mosaico dell’esistere e del non essere per rappresentarsi nella presenza come volto della conoscenza. La conoscenza guida l’amore. L’amore è sempre (ha) misericordia. “Quando manchiamo di misericordia separiamo violentemente la creatura dal suo Creatore” (Simone Weil). A Simone Weil, infatti, Eugenio Borgna dedica un suo camminamento: L’indicibile tenerezza. In cammino con Simone Weil (Feltrinelli, Milano 2016).
Qual è questa indicibile tenerezza? La via verso la fede. Accanto alla Weil si leggono altri viaggi. Le disperanti parole del dubbio diventano il pensiero pensato di Pascal, la metafisica dello specchio che trovo costantemente nella mia Zambrano, i suicidi da Pavese alla Pozzi.
Da qui il magico cielo degli infiniti che la letteratura racchiude proprio come se fosse un danzare tra scena, retroscena e ribalta. Così la vita e oltre la letteratura. In fondo: “Dovremmo sapere che nella vita non tutto è dicibile, e non tutto è esprimibile; e non dovremmo illuderci di potere spiegare i pensieri che abbiamo, e le emozioni che proviamo, con le sole parole chiare e distinte”.
Il misterioso incanta perché è la letteratura che intreccia il sorridere delle nostalgie e all’interno di questo percorso ci sono i viaggi e l’esperienza. Pirandello come punto di riferimento. Ma da questo porto sicuro si parte per superare ciò che è stato il naturalismo e anche il verismo. Ma è il Pirandello del tragico che affascina Borgna.
C’è un asterisco metaforico in questo Pirandello. Quello del legame tra l’adulto e il ritornar bambino. È sempre il tempo che si frappone tra il sublime della nostalgia e l’interiorità della realtà che riporta costantemente alla Assenza. Siamo nella stanza delle “emozioni ferite” e si interrompe quell’archeologia del silenzio (Eugenio Borgna) che ha dominato il contemplare della distanza-lontananza.
Così nel misterioso che tocca le rive di Teresa D’Avila. La misericordia ha il cielo della malinconia nella profezia dell’esilio. Io vivo di Teresa D’Avila il passaggio delle sette stanze e chiedo di capire l’esilio che abbandona la solitudine e si fa anima. Il castello dell’anima tra le “emozioni ferite” (Eugenio Borgna nei suoi scritti ne fa un riferimento) resta il “luogo” nel quale custodire tutto il nostro senso dell’esistere oltre la vita stessa. Viviamo di emozioni ferite nel castello della nostra anima. Castello, anima, croce. Tre coordinate nel nostro vivere.
Soltanto la spiritualità ci permette di entrare nella parola contemplante e nella misericordia del mistero. Ma soltanto il dolore ci permette di conoscere e ci cambia. Ma nel dolore bisogna essere fedeli. Solo in questa fedeltà si resta con se stessi: “La fedeltà è il segno del soprannaturale, perché il soprannaturale è eterno” (Simone Weil). Bisogna credere nel destino?
Si crede al miracolo. Perché è il miracolo che si lega alla fede. Dunque un viaggiare in una estetica della spiritualità e del sacro che propone una lettura di senso alla vita e al tempo.
Vita e tempo sono “soggetti” spirituali e proprio in tale orizzonte le nostre vite si incontrano oltre il concetto stesso di destino. Credo che la riflessione porta alla meditazione. Questa ci permette di osservare: “Ci sono individui che cercano di elevare la loro anima come un uomo che salti continuamente a piedi uniti, nella speranza che a forza di saltare sempre più in alto, un giorno, invece di ricadere, riuscirà a salire fino in cielo. Ma mentre è tutto preso da questi tentativi egli non può guardare il cielo. Noi non possiamo fare nemmeno un passo verso il cielo: la direzione verticale ci è preclusa. Ma se guardiamo a lungo il cielo, Dio discende e ci rapisce” (Simone Weil).
Essere rapiti da Dio è toccare l’armonia che inquieta il cuore e riposa nell’anima. Un viaggiare, quello di Borgna, che scava nella spiritualità e nella testimonianza dell’essere spazio e nell’essere del tempo. Occorre un orizzonte di senso. Sempre. Borgna: “Cosa contrassegna le parole fragili e delicate, le parole che sono arcobaleno di speranza, e cosa le distingue da quelle che non lo sono? Solo l’intuizione e la sensibilità ci consentono di conoscerle, e di coglierle nei loro orizzonti di senso”. La fragilità come tessuto esistenziale tra il vivere e il conoscere nella dolcezza dell’essere.
Borgna era nato a Borgomanero il 22 luglio del 1930. È scomparso a Borgomanero il 4 dicembre del 2024.