Carlo Di Stanislao
“Il cinema è la scrittura moderna il cui inchiostro è la luce.” – Jean Cocteau
Ci sono film che raccontano una storia. E poi ci sono film che raccontano il cinema stesso, che risalgono il corso della memoria visiva fino a ritrovare quella prima scintilla, quel momento sacro in cui il mondo smise di essere solo vissuto e iniziò a essere visto. “Lumière! La storia del cinema” è uno di questi rari, preziosi film.
Thierry Frémaux, con delicatezza e passione, ci accompagna in un viaggio incantato tra le prime immagini in movimento girate dai fratelli Lumière tra il 1895 e il 1905. E lo fa come un narratore antico che, intorno a un fuoco, racconta come tutto sia cominciato. Le scene che scorrono davanti ai nostri occhi – un bambino che mangia con gusto, un bacio rubato, la neve, il mare, l’ombra di un albero – non sono semplici documenti. Sono attimi sospesi, sospiri del tempo che diventano eterni.
Frémaux non ci parla del cinema: ci mette di fronte alla sua nascita, alla sua innocenza. Come se ci prendesse per mano e ci dicesse: “Guarda, era tutto già qui”. Il suo commento, misurato e innamorato, ci guida con discrezione, lasciando spazio allo stupore. E stupirsi è l’unico verbo che conta quando si guarda Lumière!.
In questo viaggio nel tempo e nella luce, il pensiero corre inevitabilmente ad altri film che hanno reso il cinema protagonista di sé stesso. C’è, ad esempio, Effetto Notte di François Truffaut, con il suo sguardo tenero e disincantato sul caos meraviglioso di un set cinematografico. Lì, il cinema è un artigianato fragile e glorioso, un’illusione che si costruisce tra le mani e nel cuore di chi la crea.
Oppure The Artist, dove il passaggio dal muto al sonoro diventa metafora di perdita e rinascita. O ancora Cinema Paradiso, in cui il cinema è nostalgia, formazione, infanzia che non si dimentica. Lumière! è diverso: non ha bisogno di raccontare una trama o evocare ricordi. È il ricordo. È l’inizio.
Ma c’è un altro film recente che merita di essere accostato a questa riflessione: Finalmente l’alba di Saverio Costanzo. Qui il cinema è visto attraverso gli occhi di una giovane donna negli anni ’50, catapultata in una notte surreale tra Cinecittà e illusioni hollywoodiane. È un’opera che, pur immersa nella ricostruzione storica, ci parla dell’incanto e del pericolo di lasciarsi sedurre dall’immagine. Finalmente l’alba è il sogno del cinema visto dalla soglia: quando ancora non si è dentro, ma già si sente il richiamo. Così come Lumière! ci mostra quel momento magico in cui si passa dal guardare la realtà a raccontarla con la luce.
Nel mondo affascinante e a volte confuso di oggi, Lumière! è un invito alla semplicità dello sguardo. Ci ricorda che prima della tecnologia, del marketing, delle sale vuote o piene, c’erano occhi che si spalancavano davanti a qualcosa di mai visto. Ed è questo che rende il film un’esperienza profonda: la consapevolezza che il cinema, nella sua essenza, è ancora quel gesto d’amore verso il mondo.
Giudizio finale:
“Lumière! La storia del cinema” è un’opera che non si limita a raccontare: incanta, emoziona, trasporta. È poesia visiva, memoria condivisa, meraviglia ritrovata. È la voce di un’epoca che ancora ci parla, perché il cinema – come ogni vero linguaggio – non invecchia mai, ma continua a sussurrare nuove verità. È un film da mostrare nelle scuole, da vedere al buio con chi si ama, da custodire come si custodisce una fiamma.
Dopo averlo visto, non si guarderà più una proiezione allo stesso modo. Perché, in fondo, ogni volta che si accende uno schermo, da qualche parte del cuore, sta iniziando di nuovo quella prima alba.